RADIO ZANCA: BASTA CON CALABRò & Garofalo. VOTO DISGIUNTO PER IL SINDACO

Toccherà agli elettori messinesi giudicare, il 9 e 10 giugno, chi ha fatto il furbo a Palazzo Zanca: un Comune che in questi ultimi venti anni ha fatto parlare di sè, più per le cose che non funzionano che per la puntualità nei servizi offerti. Palazzo della politica specchio della messinesità che non ci garba: tutti colpevoli, nessun colpevole. Magari perché dal Consiglio comunale sono transitati il fior fiore della cosiddetta società civile dello Stretto: la teoria della predestinazione è consolatoria… li assolve dagli eventuali scarsi risultati. Il prossimo sindaco però deve saper affrontare il dissesto economico nel quale si trova l’Ente: non ci sono parole per commentare la gestione delle tante aziende, eppure nessuno ha mai pagato non solo penalmente, per il funzionamento diversamente efficiente. La politica, per esempio, ha sempre perdonato presidenti e amministratori dell’Atm, dell’Ato 3, dell’Amam… un téte – a – téte quasi romantico, oseremmo dire. Ma l’educazione alla legalità, alla trasparenza, alla pulizia non dovrebbe passare anche dalla scrematura dei professionisti che chiamati a gestire un bene pubblico, hanno fallito? Possibile che a Messina nessun amministratore paghi mai per i propri sbagli? La gente, che ha ritrovato l’orgoglio della libertà dai padrini, dai caporali, dall’arroganza di criminali potenti e di potenti criminali, e a cui ora non può più e non vuole rinunciare, sembra non comprendere che al no alla mafia bisogna far seguire il no alla politica scarsa se non peggio, complice. Perché la legalità passa soprattutto dal gestire in maniera trasparente i palazzi delle istituzioni. Spese controllate, orari di lavoro a norma di legge, assunzioni secondo criterio, ecc… Sappiamo, però, che le cattive amicizie, le raccomandazioni, le furbate non sono un problema relegabile solo ai mafiosi. A noi fanno più paura quei professionisti, quegli imprenditori, quei politici che pur dichiarandosi onesti e timorati di Dio, sfacciatamente non lo sono. Educare alla cittadinanza, è stato l’invito spesso di molti commentatori quando scoppia un bubbone nell’amministrazione della cosa pubblica. Educare e cittadinanza: sono i due binari, il grande investimento attraverso cui si costruisce un futuro di legalità e libertà. Non è un caso che questo grido di allarme venne lanciato dalla Commissiona Parlamentare Antimfia venuta in città quando nel 1998 Messina salì purtroppo agli onori della cronaca per le nefandezze compiute da giudici, politici e imprenditori. Da allora poco è cambiato. per certi versi, anzi il quadro clinico della salute dei "Palazzi" è peggiorato. Il SISTEMA MESSINA continua a tenere banco: frena la crescita dei cittadini, mortifica le ambizioni dei giovani, penalizza coloro che sono onesti a vantaggio dei disonesti. Chi osa denunciare il malcostume cittadino viene punito. Chi lo agevola, premiato. A Messina c’è gente che si sente protetta più dal Verminaio che dallo Stato. Questo è il terreno della sfida e qui bisogna combattere, contro le prepotenze criminali e della cattiva politica. Ma non percepiamo questi temi nelle priorità di quasi tutti i candidati a sindaco. Solo Maria Cristina Saija (Movimento 5 Stelle) per la verità ha prospettato azioni civili verso coloro che hanno sperperato il bene collettivo, però una rondine non fa primavera. Da Felice Calabrò ed Enzo Garofalo, invece solo il silenzio complice: non ci sorprende, loro si nutrono di questo consommé! Ecco perché occorre voltare pagina e applicare il voto disgiunto quando andremo a votare per le Aministrative. Perchè la necessità di giustizia, di legalità e solidarietà non conosce delimitazioni territoriali: si costruisce a scuola, in famiglia, nel mondo del lavoro, nelle istituzioni, nelle parrocchie, nei giornali. Si alimenta quotidianamente non nelle passerelle che servono solo a prendere in giro chi combatte sul serio le porcherie. Educare si traduce nel concreto lavoro di tanti educatori, insegnanti, preti, politici onesti, magistrati e poliziotti coraggiosi. Si rinnova di continuo in un’insopprimibile fame di sete e di giustizia. Una giustizia che sa scegliere sempre il bene, perchè è il bene che più fa paura alla politica diversamente onesta, perchè si insinua potente nelle coscienze e diventa cultura, responsabilità, partecipazione; perchè al furto di futuro sa opporre la speranza, cioè un cammino di liberazione, una promessa di solidarietà, una garanzia di dignità e di diritti. Ed è su questo terreno che si batte veramente la cattiva amministrazione della cosa pubblica che a Messina purtroppo sembra essere la regola: abitando il territorio, socializzandolo, strappandolo cioè al dominio di coloro che, con violenza e prepotenza, vorrebbero farne cosa loro. Oggi scopriamo il caso Atm, ieri Messinambiente, il giorno precedente l’Ato3. E quello prima ancora l’Amam, che seguiva la patata bollente della Rete civica. Forse non ce n’erano abbastanza di prove? Basta accontentarsi degli sprazzi di luce improvvisa: votiamo in maniera intelligente e mandiamo a casa i tanti Felice Calabrò e gli impalpabili politici alla Enzo Garofalo. Lasciamoli galleggiare nel loro consommé!