Corte Conti: basta austerity, la crisi ci è costata 230 miliardi

Le politiche di austerity adottate sono state una ”concausa rilevante dell’avvitamento verso la recessione”. Ora dall’Europa servono ”riforme” e ”stimoli” per la ”crescita, non deroghe per spendere di più”, anche perchè dal 2009 al 2013 la crisi all’Italia è costata circa ”230 miliardi di euro”. E’ quanto espresso dal presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino e contenuto nel rapporto annuale sul coordinamento della finanza pubblica presentato oggi a Palazzo Giustiniani.

Una relazione che critica i pesanti tagli imposti dall’Ue e, al contempo, apprezza i primi provvedimenti del governo Letta: misure che ”sembrano proporre un primo tentativo di operare in discontinuità da una politica di bilancio”.

La stessa politica che, a partire dall’estate 2011, secondo la Corte ”ha dovuto fare affidamento su consistenti aumenti di imposte, nonostante le condizioni in cui versava l’economia”.

Tirando le somme degli ultimi 5 anni, Giampaolino ha dunque rilevato come ”la mancata crescita nominale del Pil” abbia gia’ ”superato i 230 miliardi”, mentre ”il consuntivo di legislatura ha mancato il conseguimento del programmato pareggio di bilancio per 50 miliardi”.

Per questo i magistrati contabili hanno lanciato a Bruxelles un appello alla crescita: ”All’Italia serve crescere, servono stimoli. Non deroghe per spendere di piu”’.

Un monito che segue al ”quadro fragile” evidenziato ”nel 2012”, dal quale l’Italia ne esce tuttavia a testa alta: ”Con un andamento corrente della propria finanza pubblica nettamente migliore rispetto ai paesi in crisi e anche rispetto alle altre grandi economie europee”.

Sul versante fisco, la Corte ha ricordato che la riduzione delle tasse ”non e’ un obiettivo facile da coniugare con il rispetto degli obiettivi europei, a meno che, naturalmente, questi ultimi non vengano allentati di comune accordo”.

Secondo la magistratura contabile, infatti, la via piu’ percorribile e’ ”una scelta volta ad aumentare l’equita’ distributiva del prelievo”.

Nel complesso, l’obiettivo principale dell’Italia deve essere combattere le ”emergenze della decrescita e della disoccupazione”, senza ”abbandonare di repentino” il rigore di bilancio ma, di pari passo, vagliando un pacchetto di riforme volto al rilancio della ”crescita”, intervenendo soprattutto ”sul debito con adeguati programmi di cessione di assets pubblici”.

Infine, per quanto riguarda i pagamenti della P.A. fino ad oggi si e’ evidenziato ”un comportamento amministrativo, la cui devianza patologica – ha ammonito la Corte – non trova riscontro in altri Paesi europei: negli ultimi anni i tempi di pagamento hanno superato in Italia, mediamente, i 180 giorni, a fronte dei 65 giorni della media europea”.