L’arrivo di un bambino in un ambulatorio medico o al Pronto Soccorso di un centro ospedaliero a seguito di un problema allergico secondario alla puntura di un insetto è, soprattutto in questa stagione, un evento relativamente comune.
In genere, si tratta di situazioni molto semplici che si esauriscono con l’applicazione di una pomata o, al massimo con l’assunzione di un anti-istaminico per bocca, ma in certi casi può determinarsi un guaio serio con la comparsa di un quadro di anafilassi.
Una recente statistica indica che si tratta di casi fortunatamente rari e che solo una percentuale variabile dallo 0,3% all’1,0% di tutti i casi di anafilassi che si diagnosticano in pediatria sono legati ad una puntura d’insetto.
“Un evento di questo tipo – sottolinea la prof.ssa Susanna Esposito, Direttore della UOC Pediatria 1 Clinica, Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Università degli Studi di Milano e Presidente della Società Italiana di Infettivologia Pediatrica (SITIP) – ha, oltre alla gravità immediata che richiede un pronto e adeguato intervento per evitare situazioni drammatiche, anche il ruolo di indicatore di un rischio futuro da evitare”.
E’ dimostrato, infatti, che chi ha sofferto di una reazione allergica tipo shock anafilattico abbia un elevato rischio di presentare una simile manifestazione clinica qualora sia nuovamente punto dallo stesso insetto o da un altro che ha un veleno con caratteristiche compositive simili, come nel caso delle api e delle vespe. Il rischio è notevole perché quantificato in circa il 20% e giustifica la desensibilizzazione specifica. Ciò non vale, invece, per coloro che, pur presentando sintomi allergici non arrivano allo shock e che, di conseguenza, non richiedono alcun intervento preventivo.
Gli insetti che più frequentemente determinano problemi allergici da punture sono api, vespe, calabroni, tafani, formiche, zanzare e zecche e colpiscono le zone più esposte e scoperte del corpo come viso, braccia, gambe, caviglie e mani.
Nella maggior parte dei casi le reazioni che si riscontrano sono:
• un arrossamento nella zona della puntura stessa, zona che appare rigonfia e dolente sia spontaneamente che alla pressione
• un fastidio o dolore che si sviluppa nell’arco di alcuni minuti che raggiunge il suo massimo in 24-48 ore e si risolve completamente in 5-10 giorni
• un pò di febbre e una sensazione di malessere nei casi più gravi: entrambi, fortunatamente, sono destinati a scomparire abbastanza rapidamente.
In tutti questi casi è sufficiente qualche pomata a base di anti-istaminici e, se c’è febbre e molto dolore, un banale antifebbrile come paracetamolo o ibuprofene. Talora, le dimensioni delle lesioni e il loro aspetto mimano quelli di una cellulite batterica, con il rischio che vengano prescritte pomate antibiotiche che non solo sono inutili, ma possono aggravare i sintomi.
Più importanti, invece, dal punto di vista clinico sono i casi che si manifestano con orticaria generalizzata o angioedema in sedi distanti dalla puntura: questi segni indicano un coinvolgimento sistemico fortunatamente lieve ma certamente più impegnativo di quello rappresentato dalla sola lesione locale.
In questi casi, il trattamento con anti-istaminici o cortisonici per via orale rappresenta la scelta migliore per ricondurre rapidamente alla norma il quadro clinico.
I casi veramente gravi sono, invece, quelli con anafilassi. I bambini con questa manifestazione si presentano con:
• un importante quadro cardiovascolare (sincope, ipotensione, e collasso), associato a disturbi respiratori (fischi e sibili all’ascoltazione toracica, stridore laringeo) e, più raramente, ad un quadro gastroenterico (coliche addominali, diarrea).
In questi casi, l’intervento terapeutico deve essere molto più tempestivo ed aggressivo perché di reazione anafilattica si può morire o, se fortunatamente si sopravvive, possono persistere problemi clinici importanti, come conseguenza della caduta della pressione arteriosa per un lungo periodo di tempo, quello cioè necessario al ripristino di valori accettabili.
In questi casi è fondamentale:
• la somministrazione di adrenalina, così come quella di ossigeno e di fluidi per via endovenosa
• l’esecuzione di accurati esami di laboratorio volti a confermare la sensibilizzazione al veleno di un determinato insetto e a decidere come impostare le procedure di prevenzione di ulteriori manifestazioni cliniche gravi in caso di successive punture di insetto.
I test cutanei con il veleno delle api o delle vespe e la ricerca delle IgE specifiche nel sangue del bambino che ha avuto le manifestazioni anafilattiche sono le prime misure da attuare quando si abbia la convinzione che siano stati questi insetti a pungere. Non vi sono, invece, preparati utilizzabili per il veleno delle formiche o per quello delle zecche. Per questi casi, esistono laboratori particolarmente attrezzati in grado di effettuare test che utilizzano metodiche cellulari estremamente sofisticate e con le quali è possibile confermare se realmente esista una allergia al veleno di questi insetti.
“La conferma nei casi gravi di allergia ad una determinata puntura – osserva la prof.ssa Esposito – è fondamentale per iniziare un’adeguata desensibilizzazione, elemento indispensabile per evitare ulteriori rischi. Vale la pena ricordare che per tutti questi test vige la legge del tutto o del nulla, vale a dire che essi ci dicono solo se esiste una sensibilizzazione ma non se questa è alta o bassa sulla base della positività del test. Ciò è molto importante perché si potrebbe credere che chi ha un test con bassa positività ha poco rischio di avere un nuovo episodio di anafilassi in caso di nuova puntura. In realtà ciò non è affatto vero e, per questo motivo, alla positività del test dovrebbe seguire sempre la desensibilizzazione”.
Questa va eseguita con lo stesso veleno dell’insetto in causa, con iniezioni sottocutanee di dosi crescenti fino ad ottenere la tolleranza di una dose elevata simile a quella iniettabile dagli insetti. Il tutto viene effettuato nel giro di settimane, 18-24 secondo lo schema tradizionale, 2-3 con quello accelerato che taluni preferiscono non utilizzare per il timore che la somministrazione di dosi singole più elevate possa favorire manifestazioni di anafilassi durante la terapia desensibilizzante.
In conclusione, le punture di insetto sono raramente causa di problemi gravi che, tuttavia, se presenti, richiedono interventi capaci e tempestivi. Per i piccoli guai di tutti i giorni, non c’è quasi nulla da fare se non ricordare che esistono oggi possibilità di prevenzione che, specie per le zanzare, funzionano benissimo e non creano problemi.