RADIO ZANCA: LA LEZIONE DEGLI SCANDALI CI RIPORTA CON I PIEDI PER TERRA

E’ da qualche anno che a Messina si avverte, parlando con la gente, aggirandosi per le strade, leggendo i blog, uno smarrimento che genera un diffuso male di vivere. Però chi si arroga il diritto di voler amministrare non lo percepisce: loro sul palco, tra le comodità, i cittadini tra difficoltà e debiti. Il popolo prigioniero della solitudine mentre il Palazzo fa festa. Emilio Fragale in un commento pubblicato da IMG Press ha fotografato bene lo smarrimento che il messinese vive per colpa della politica: tra ricorsi e rancori. Tra vendette e caccia alle streghe. Non è soltanto vaga inquietudine per la difficoltà di riconoscersi nella Messina che qualcuno dipinge rivoluzionaria ma che resta profondamente codarda perché le guerre provocano morti mentre le recite mettono in luce solo cattivi attori. Nulla è cambiato nel modo di gestire la città (ATM in testa) se non qualche volto e ciò ci preoccupa, non poco. Lo smarrimento nasce dal fatto che la gente si sta rendendo conto che Messina ha perso l’anima: o l’ha svenduta. Comunque la passione non c’è più e per una città che ancora si vanta di essere la città dello Stretto, vetrina della Sicilia. Perdere la voglia di riscatto è grave, anzi gravissimo perché era rimasta l’unica ancora di salvezza. Anzi si dava per scontato che fosse chiaro a tutti che senza orgoglio, non c’era soluzione. Così la classe imprenditoriale continua a muoversi per quel residuo di vitalità che ancora la sostiene, ma è piuttosto un agitarsi scomposto perché si moltiplicano i segnali che annunciano lo scoppio dell’emergenza Messina, un nuovo periodo di confusione. I ricorsi avversi all’elezione di Renato Accorinti sono solo il primo allarme di precarietà ma guai condannare chi usa la carta bollata per far valere i propri diritti: anche se fosse stato eletto al primo turno Felice Calabrò sarebbe successa la stessa cosa. E’ la natura umana. Finora i tanti segnali d’allarme sono stati registrati, deprecati, ma non se ne è data una valutazione d’insieme, non si è voluto interpretare questo fenomeno di mutazione come stato di crisi, quasi che riconoscere che alla città dello Stretto le cose vanno più o meno male comportasse la perdita della sua immagine. Ma a che serve salvare l’immagine a dispetto della realtà? Messina sta vivendo drammaticamente, disperatamente, l’emergenza: c’è l’emergenza ambientale, con quel che comporta per la salute di chi vi abita; l’emergenza politica, con quel che comporta per i cittadini non avere un referente politico fidato e stabile e da questo deriva una minaccia costante di ingovernabilità che si aggiunge e aggrava la sfiducia generale nelle istituzioni cittadine. C’è l’emergenza cittadina che rivela alla città le proprie grettezze e insufficienze, l’emergenza economica, con gli operatori dei vari settori che scalpitano perché non va troppo bene e ci vuole altro per andare avanti… Certamente non aiutano gli slogan apocalittici di un sindaco che si dichiara pronto a fare a meno oltre che dei partiti anche degli imprenditori con quelle fughe in avanti di gestire tutto in proprio come se Palazzo Zanca brillasse per efficienza e conti in attivo. Che città incredibile è oggi Messina: per fortuna arrivano gli scandali a riportarci tutti con i piedi per terra. E non è una questione di scarpe. Anzi.