Siamo ad agosto e già purtroppo possiamo fare un primo bilancio negativo che riguarda i fruitori del mare, di laghi e fiumi che può essere anche un invito a prestare maggiore attenzione per sé e per i propri cari o conoscenti quando si fa un bagno nelle acque di mare, fiumi e laghi: sono già decine e decine, almeno per ciò che è possibile rilevare empiricamente dalle notizie apparse sulle cronache, le morti per annegamento nei bacini d’acqua nostrani, che siano acque interne o marine, anche se al momento non si possono ancora tirare le somme sul numero effettivo alla data di oggi. Si tratta di una vera e propria mattanza che ritorna puntuale l’estate, giacché negli ultimi 40 anni sono morte per annegamento in acque di balneazione oltre 27.500 persone, nonostante una costante riduzione degli infortuni in acqua dovuta ad una maggiore informazione, al miglioramento nelle tecniche di salvataggio e delle nuove norme sulla sicurezza. Si è passati da circa 1200 annegamenti nel 1969 a 426 nel 2008. Negli ultimi 10 anni la media si é attestata su circa 400 annegamenti all’anno. Agli eventi letali, devono purtroppo essere aggiunte anche le conseguenze, spesso gravi, dei semiannegamenti e delle lesioni craniche e alla colonna vertebrale a seguito dei tuffi. Mentre si stima che ogni anno nel mondo muoiano per annegamento oltre 380.000 persone, il che colloca l‘annegamento al terzo posto tra le cause di morte per incidente dopo gli incidenti stradali e le cadute. In Europa, ogni anno si verificano 28.000 annegamenti fatali, con un tasso medio pari a circa 35 morti per milione di abitanti/anno. Le aree maggiormente a rischio sono quelle dell’est europeo, in particolare Bielorussia, Lettonia, Lituania, Russia e Ucraina che presentano tassi 15-16 volte superiori a quelli dell’Italia. Per queste nazioni, certamente la temperatura fredda delle acque, l’elevato consumo di alcol e la difficoltà nell’approntare rapidi servizi di intervento sono tra i fattori che contribuiscono agli elevati tassi di mortalità. Gli annegamenti in Italia, se paragonati ad altre tipologie di incidenti, rappresentano un fenomeno a bassa incidenza, ma ad elevata letalità. Nel 2010 il fenomeno è quantificabile in circa 400 morti e altrettanti ricoveri. Questi incidenti, ricorda Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, sono dovuti a fattori di rischio oggettivo (assenza di sorveglianza, correnti di ritorno e buche, ecc.) e soggettivo (abilità al nuoto, educazione e rispetto di regole di base, prudenza, ecc.). Per quanto riguarda i rischi oggettivi è necessario migliorare le conoscenze sui pericoli per la balneazione presenti nelle spiagge, informare i cittadini e aumentare il numero delle spiagge con servizio di sorveglianza. Per quanto riguarda il rischio soggettivo è determinante incoraggiare comportamenti corretti, rispetto ai quali la stampa e la scuola possono svolgere ruoli rilevanti. A far riflettere, sono le cifre e i soggetti che più di tutti risultano essere a rischio, perché se in Italia, come detto, continuano a morire circa 400 persone per annegamento all’anno, soprattutto uomini tra i 35-50 anni ed il 20% straniero, e tra questi molti bambini, con una percentuale di quest’ultimi in controtendenza per la scarsa consapevolezza di molti immigrati a fruire delle acque e a rispettare le più elementari regole per la balneazione. Più attenzione e prudenza, quindi, per tutti per evitare che una giornata di relax si trasformi in un dramma evitabile.