Si conclude in nottata il braccio di ferro sul decreto legge sulla pubblica amministrazione che era in scadenza alla fine di ottobre e che serve a risolvere tra gli altri il problema dei precari oltre a razionalizzare il settore pubblico: 208 sì, 11 no, 78 astenuti. Il testo ora torna al Senato per la lettura definitiva. Il governo, pur avendo ricevuto l’autorizzazione dal Consiglio dei ministri, ha evitato di chiedere la fiducia sul decreto che avrebbe posto l’esecutivo di fronte a una prova difficile visti i contrasti illustrati più volte da Renato Brunetta nella giornata di ieri. Il capogruppo del Pdl a Montecitorio aveva infatti dichiarato che d’ora in poi ogni provvedimento legislativo, se non ci saranno le dimissioni di Rosy Bindi da presidente dell’Antimafia (è stata eletta senza il voto del Pdl), potrebbe essere fatale per la maggioranza. ”Il governo – controbatteva Gianpiero D’Alia, ministro alla Pubblica amministrazione – vuole evitare l’uso della fiducia perchè usato impropriamente per tagliare i tempi”. Nel corso della riunione dei capigruppo alla Camera che doveva fare il punto sui tempi di approvazione del decreto e alla quale partecipava Dario Franceschini, ministro per i Rapporti per il Parlamento, Brunetta ha sostenuto inoltre che il provvedimento sulla Pubblica amministrazione poteva decadere. Da qui la successiva decisione da parte del governo di tentare in extremis la trattativa sia con il M5S che aveva messo in pratica una sorta di ostruzionismo con la presentazione di molti emendamenti (alla fine ne sono stati approvati dieci), sia nei confronti del Pdl. Il buon esito del negoziato ha fatto sì che si decidesse nel tardo pomeriggio di procedere a una seduta a oltranza per approvare il decreto e trasmetterlo quando prima al Senato. Alla fine Brunetta, pur dando semaforo verde al decreto, non indietreggia sul nodo della presidenza dell’Antimafia: ”C’è stato uno strappo intollerabile e gli strappi hanno dei costi. O Bindi lascia l’incarico o sarà guerriglia su tutto”. E sui provvedimenti per la Pubblica amministrazione aggiunge: ”Il decreto e’ l’esatto contrario della mia riforma e per questo non posso dare un giudizio positivo, visto che svilisce la mia”. Approvato in nottata il testo del decreto emendato, ora e’ il dibattito nel Pdl a preoccupare Enrico Letta, impegnato anche oggi a Bruxelles nella riunione del Consiglio europeo. Per le 17 Silvio Berlusconi ha convocato l’Ufficio di presidenza del Pdl che dovrebbe servire a decidere i tempi del varo della nuova Forza Italia che secondo i piani del Cavaliere e’ utile per un ritorno alle origini del suo movimento per quanto riguarda determinazione politica e capacita’ di mobilitazione. Nella convocazione della riunione si precisa che sono invitati solo ”i componenti effettivi dell’organismo”, 24 piu’ il segretario Angelino Alfano. Quindi, all’incontro non parteciperanno gli altri 4 ministri del Pdl. Secondo alcune indiscrezioni, Berlusconi avrebbe intenzione di proporre ad Alfano il ruolo di vicesegretario o di vicepresidente di Forza Italia mentre sarebbe pronto ad assumere per se’ il ruolo di segretario o di presidente con pieni poteri di decisione in attesa – si vocifera – del passaggio di consegne alla figlia Marina, in caso di elezioni anticipate. L’Ufficio di presidenza del Pdl ha all’ordine del giorno ”la relazione del presidente in merito alla definizione delle linee politiche e programmatiche del partito, decisioni sull’attivita’ politica e altri adempimenti”. C’e’ quindi attesa per quello che proporra’ Berlusconi, che alcune fonti del Pdl vorrebbero nuovamente intenzionato a provocare la crisi di governo per andare al voto anticipato preoccupato per la decisione del Senato sulla sua decadenza e per le nuove iniziative della magistratura contro di lui, a iniziare da quella proveniente da Napoli sulla presunta compravendita di alcuni parlamentari per causare la caduta del secondo governo Prodi nel 2008. Come reagiranno i governisti, se questa proposta dovesse materializzarsi? L’elenco dei convocati per l’Ufficio di presidenza e’ il seguente: Alfano, Bondi, Brunetta, Cappellacci, Carfagna, Chiodi, Fitto, Formigoni, Galan, Gelmini, Giovanardi, Iorio, Martinelli, Matteoli, Prestigiacomo, Rotondi, Sacconi, Scajola, Schifani, Tajani, Tondo, Verdini e Vito. Si notano le assenze di personaggi autorevoli del Pdl, come per esempio Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto. In questo elenco i cosiddetti lealisti che fanno capo a Raffaele Fitto sono in maggioranza rispetto ai governisti.