Gli occupati stranieri in Italia nel 2012 sono aumentati, in termini assoluti e di incidenza percentuale sull’occupazione complessiva arrivando a incidere per almeno il 10% sull’occupazione totale: si tratta di 2,3 milioni di occupati, con una crescente concentrazione nel terziario (62,1%). Più in generale, si tratta di impieghi a bassa qualificazione (e bassa retribuzione), poco ambiti dagli italiani. Questi alcuni dei dati contenuti nella nuova edizione del dossier statistico immigrazione ‘Dalle discriminazioni ai diritti’, per la prima volta curata dal centro studi e ricerche Idos/immigrazione dossier statistico in collaborazione con l’Unar (ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali), presentato oggi dal ministro per l’integrazione Cecile Kyenge e dal viceministro al lavoro con delega alle pari opportunità Maria Cecilia Guerra. Secondo l’Unar, nonostante la crescita degli occupati, il tasso di disoccupazione degli stranieri è però aumentato di due punti percentuali nell’ultimo anno (14,1% e 382mila persone coinvolte), superando di 4 punti quello degli italiani, e il tasso di occupazione (60,6%), pur rimanendo piu’ alto rispetto a quello calcolato tra gli italiani (56,4%), e’ anch’esso diminuito di quasi 2 punti. La disoccupazione non solo e’ in aumento, ma e’ di lungo periodo; in oltre la meta’ delle famiglie straniere (62,8%) e’ occupato un solo componente, mentre e’ del 13,0% la quota di quelle in cui non e’ presente alcun occupato (erano l’11,5% nel 2011). Per quanto riguarda le imprese straniere (comprensive di imprese individuali con titolari nati all’estero e di societa’ di persone o di capitali in cui ad essere nata all’estero e’ oltre la meta’ dei soci o degli amministratori), queste sono 477.519, il 7,8% del totale nazionale, con un aumento annuale del 5,4%. Si tratta di imprese che producono un valore aggiunto stimato in 7 miliardi di euro, che meriterebbero un maggiore supporto, tanto piu’ che gli aspiranti imprenditori immigrati sono disponibili all’impegno in campi innovativi e predisposti ad attivita’ di import/export che possono essere di beneficio tanto all’Italia quanto ai paesi di origine. Il rapporto tra la spesa pubblica per l’immigrazione, da una parte, e i contributi previdenziali e le tasse pagate dagli immigrati dall’altra, mostra che, anche nell’ipotesi meno favorevole di calcolo (quella della spesa pro-capite), nel 2011 gli introiti dello Stato riconducibili agli immigrati sono stati pari a 13,3 miliardi di euro, mentre le uscite sostenute per loro sono state di 11,9 miliardi, con una differenza in positivo per il sistema paese di 1,4 miliardi. L’obiezione ricorrente secondo cui l’integrazione degli immigrati costa troppo all’Italia, quindi, si rileva nel Dossier, non troverebbe ”riscontro nell’analisi delle singole voci di spesa e nel quadro che ne deriva. E’ vero, invece, che l’Italia sostiene spese di rilevante portata, più che per le politiche di integrazione, per interventi di contrasto all’irregolarità o di gestione dei flussi, in un’ottica emergenziale (è stato speso oltre 1 miliardo di euro, tra il 2005 e il 2011, per centri di identificazione ed espulsione, centri di primo soccorso e accoglienza, centri di accoglienza, centri di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati), – si sottolinea – e soprattutto che si dovrebbe essere più attenti all’introduzione di elementi di sistema che possano garantire la continuità e l’efficacia degli interventi”.