ACQUE REFLUE URBANE: Sanzioni pecuniarie al Lussemburgo per omessa esecuzione sentenza

La direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane del 1991 , riguarda la raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque reflue originate da taluni settori industriali. Essa ha lo scopo di proteggere l’ambiente dalle ripercussioni negative provocate dagli scarichi di dette acque. In base a essa gli Stati membri dovevano individuare, entro il 31 dicembre 1998, secondo appositi criteri, le aree sensibili e provvedere, inoltre, sempre entro il 31 dicembre 1998, affinché le acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie fossero sottoposte, prima dello scarico in aree sensibili, ad un trattamento più spinto rispetto a quello previsto per le aree meno sensibili, e ciò per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 10 000 «abitanti equivalenti» («a.e.», unità di misura del carico medio di inquinamento organico biodegradabile) . L’obbligo non sussisteva, tuttavia, nelle aree sensibili per le quali poteva essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane fosse pari almeno al 75 % per il fosforo totale e almeno al 75 % per l’azoto totale. Nel 2005 la Commissione ha presentato dinanzi alla Corte di giustizia un primo ricorso per inadempimento nei confronti del Lussemburgo per trasposizione non conforme della direttiva . Con una prima sentenza del 2006 , la Corte ha dichiarato che il Lussemburgo, che aveva designato l’intero territorio del Granducato quale area sensibile, non era in grado di provare che i risultati ottenuti in 8 degli 11 agglomerati con oltre 10.000 a.e. fossero conformi alla direttiva. Non potendo dimostrare che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso agli impianti di trattamento fosse pari ad almeno il 75% per l’azoto totale, il Lussemburgo era venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza della direttiva.
Nel 2011, ritenendo che il Lussemburgo non avesse ancora dato esecuzione alla sentenza del 2006, posto che sei impianti di trattamento destinati a servire agglomerati con oltre 10.000 a.e. continuavano a non essere conformi alle prescrizioni della direttiva, la Commissione ha presentato questo secondo ricorso per inadempimento. Essa ha proposto alla Corte di condannare il Lussemburgo a versare una penalità di EUR 11 340 per ogni giorno di ritardo a decorrere dal giorno di pronuncia della presente sentenza, dunque da oggi, fino all’ esecuzione della prima sentenza, del 2006, e un importo forfettario giornaliero di EUR 1 248, a decorrere dal giorno della prima sentenza (ossia il 23 novembre 2006) fino al giorno della pronuncia della presente sentenza, ovvero fino al giorno di esecuzione della prima sentenza, se la sua attuazione si fosse verificata a una data anteriore.
Nella sentenza odierna la Corte rileva che, dal momento che il Lussemburgo ha ammesso di non essersi conformato alle prescrizioni della sentenza del 2006, quanto meno relativamente a due impianti di trattamento (Beggen e Bleesbruck), è pacifico che in data 28 agosto 2010 (termine impartito dalla Commissione nella sua lettera di diffida complementare) il Lussemburgo non aveva adottato tutte le misure necessarie per conformarsi appieno alle prescrizioni derivanti dalla prima sentenza della Corte. Il Lussemburgo è pertanto venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto dell’Unione. Di conseguenza, il Lussemburgo è condannato a pagare un importo forfettario di EUR 2 milioni. La Corte ricorda che la condanna al pagamento di una simile sanzione si basa essenzialmente sulla valutazione delle conseguenze della mancata esecuzione degli obblighi dello Stato membro interessato sugli interessi privati e pubblici, in particolare qualora l’inadempimento sia continuato per un lungo periodo dopo la sentenza che l’ha inizialmente accertato. Tuttavia, quando si tratta di progetti di infrastrutture di ampiezza rilevante, come nel caso di specie, deve tenersi conto della natura, della complessità, del costo e della durata di realizzazione di detti progetti tanto nella valutazione della necessità di irrogare una somma forfettaria quanto nella fissazione dell’importo della stessa. Orbene, dal fascicolo risulta che il Lussemburgo ha compiuto sforzi e investimenti notevoli per dare esecuzione alla prima sentenza del 2006. Inoltre, la Commissione ha rilevato che, a partire dalla data della prima sentenza, il numero di agglomerati che non corrispondevano ai requisiti era diminuito a sei (Beggen, Bleesbruck, Bonnevoie, Hespérange, Mersch, Übersyren ) sui dodici esistenti. Pur sottolineando tale innegabile sforzo di investimento, la Corte rileva nondimeno che, classificando l’intero suo territorio quale «area sensibile», il Lussemburgo ha riconosciuto la necessità di una tutela ambientale rafforzata dello stesso, giudicando che i corpi idrici superficiali fossero già colpiti o suscettibili di essere a breve tempo colpiti da un fenomeno di eutrofizzazione. Il mancato trattamento delle acque reflue urbane arreca, così, un pregiudizio particolarmente grave all’ambiente. Inoltre, sottolinea la Corte, è giocoforza rilevare che l’inadempimento accertato dalla prima sentenza del 2006 è persistito per circa sette anni, un arco di tempo eccessivamente lungo, anche se deve riconoscersi che, per gli adempimenti da eseguire, erano necessari diversi anni e che l’esecuzione della menzionata sentenza è da ritenersi a buon punto (per gli impianti di trattamento di Bonnevoie, Hespérange, Mersch e Übersyren). Nel caso in cui l’inadempimento accertato con la prima sentenza, del 2006, permanga il giorno 28 novembre 2013, data della presente sentenza, il Lussemburgo sarà inoltre condannato a versare una penalità di EUR 2 800 per ogni giorno di ritardo, a partire da tale data, fino all’adeguamento alla sentenza del 2006. La Corte ricorda che la condanna ad una penalità costituisce uno strumento finanziario adeguato al fine di garantire la completa esecuzione di una sentenza. I criteri da prendere in considerazione per garantire la natura coercitiva della penalità ai fini dell’applicazione uniforme ed effettiva del diritto dell’Unione sono costituiti, in linea di principio, dalla durata dell’infrazione, dal suo livello di gravità e dalla capacità finanziaria dello Stato membro in causa. Per l’applicazione di tali criteri, occorre altresì tener conto delle conseguenze dell’inadempimento sugli interessi pubblici e privati in gioco, nonché dell’urgenza di indurre lo Stato membro interessato a conformarsi ai suoi obblighi. Nel caso di specie, sebbene sia vero che, secondo il Lussemburgo, gli scarichi di a.e. non conformi sono diminuiti nel corso del 2011, circostanza che riconduce il tasso di non conformità (in a.e.) dal 64% al 21%, occorre tuttavia prendere in considerazione le circostanze aggravanti rilevate dalla Commissione, vale a dire la durata dell’infrazione (circa sette anni) e la designazione dell’intero territorio quale «area sensibile». Tale designazione porta a ritenere che il Lussemburgo non potesse ignorare la necessità di procedere ai lavori che avrebbero consentito di adeguare i suoi impianti di trattamento conformemente al diritto dell’Unione, quantomeno a partire dal 1999.