di EveryOne Group
Il suo nome di battaglia, fino al 2010, era Abu Abdullah. Era il principale trafficante in esseri umani e organi attivo nel Sinai, autore di migliaia di rapimenti, di cui erano vittime i gruppi di profughi che fuggivano dalle crisi umanitarie dell’Africa Subsahariana. Abu Abdullah era a capo di una rete di bande criminali, guidate dai suoi complici – Abu Khaled, Abu Ahmed, Abu Hitler, la famiglia Sawarka, Yesuf Bahlul e altri – che sottoponevano gli ostaggi, quasi sempre giovani donne e uomini, a torture, stupri, violenze, umiliazioni, mutilazioni. Il Gruppo EveryOne, insieme alla Ong News Generation Foundation for Human Rights, alla Ong Gandhi e a pochi altri difensori dei diritti umani, grazie ai contatti e alle testimonianze di tanti prigionieri, hanno condotto un’azione progressiva per contrastare i traffici e indurre le autorità ad intervenire contro i predoni del Sinai. Fin dai primi rapporti e denunce trasmessi alle autorità egiziane, alle Nazioni Unite, alle istituzioni dell’Unione europea, alla Commissione islamica e all’Unione africana, abbiamo rivelato i nomi dei trafficanti, corredati di numeri di telefono e coordinate dei loro covi, nonché le identità dei basisti che raccoglievano in tutto il mondo, attraverso le agenzie di money transfer o conti correnti privati, il denaro dei riscatti. La risposta delle autorità, tuttavia, all’inizio era blanda. L’Egitto negava l’esistenza stessa del fenomeno dei rapimenti, mentre gli organismi internazionali ci chiedevano ulteriori prove. Così abbiamo proseguito nella nostra azione, raccogliendo nuove testimonianze, identificando con maggior precisione i luoghi di detenzione dei prigionieri e la presenza del crimine organizzato non solo nel Sinai, ma fin dalla partenza dei gruppi di profughi dall’Eritrea o dal Sudan. Quando le autorità hanno cominciato a indagare con maggiore serietà, Abu Abdullah ha cambiato nome di battaglia, ma la sua fama di sadico assassino ha seguito il suo nuovo appellativo: Abu Sania. Il Gruppo EveryOne e i suoi alleati non hanno mollato la presa, continuando a tenere sotto pressione le autorità. Ci chiedevano un nome, un numero di telefono, un riferimento geografico e noi lo fornivamo: a Rafah, Arish, Gorah, Sheikh Zuweid. Avevano bisogno di una fotografia e noi, grazie agli attivisti locali, la realizzavamo e la univamo ai rapporti. Non divulghiamo i nomi dei difensori dei diritti umani del Sinai che hanno resa possibile questa grande azione di contrasto ai traffici di esseri umani e organi, per la loro sicurezza. Senza di loro, però, nessun risultato sarebbe stato ottenuto. Oggi la rete criminale che compra e vende profughi è stata parzialmente smantellata. Polizia ed esercito della Repubblica dell’Egitto sono intervenuti ripetutamente contro le bande, effettuando arresti e distruggendo luoghi di concentramento. Nei giorni scorsi, finalmente, abbiamo ottenuto un’azione istituzionale importante contro il mostro Abu Sania e i suoi complici. Sulla base di un mandato di cattura, le forze dell’ordine sono entrate in due dei suoi covi, documentando l’orrore delle sue attività e distruggendo sette camere di detenzione e tortura, oltre a una clinica attrezzata per l’espianto degli organi. Prima del raid, si pensava che gli espianti avvenissero esclusivamente presso cliniche mobili o nelle cliniche clandestine delle grandi città. Molti interventi per rimuovere gli organi, invece, avvenivano proprio nel covo di Abu Sania. Il capo dei traffici, purtroppo, si è sottratto all’arresto. Secondo le prime voci, si è rifugiato nella striscia di Gaza, forte della sua vicinanza ad Hamas e ad altri gruppi armati locali. Tuttavia, essendo ricercato per gravissimi crimini contro l’umanità, non potrà più condurre indisturbato il traffico di profughi e organi. Il Gruppo EveryOne e i suoi alleati trasmetteranno nei prossimi giorni un appello all’autorità palestinese, affinché Abu Sania venga arrestato e consegnato alle autorità egiziane. Non bisogna mollare la presa, ma proseguire l’azione contro i traffici finché questo tragico mercato sia definitivamente annientato.