C’è chi è stato sette anni in Tibet e chi da sette anni è vissuto e vive nell’incostituzionalità. C’è chi dalla lontananza (da casa) è tornato e chi nella lontananza (dal diritto) s’è ritrovato. Quando mercoledì 4 dicembre alle 18 arriva la notizia che la Corte costituzionale ha bocciato il Porcellum la reazione tra i Palazzi è un mix caldo/freddo che nasconde il generale smarrimento intabarrato nel cappotto del generale inverno. Angelino Alfano commenta da Bruxelles: “Mi pare un’ottima decisione”, ma sembra non aver colto in pieno cosa sta per succedere. Silvio Berlusconi poco prima aveva dato la cifra del pasticcio in corso d’opera: “Se resta il Porcellum siamo alleati, se no con il Mattarellum si può correre da soli” (durante la presentazione del libro di Bruno Vespa, Tempio di Adriano, Roma). Ma la calderolata non c’è più e quel “da soli” ora è un’opzione concreta come un iceberg sulla calotta polare artica. Beppe Grillo alle 19 e 39 la mette giù facile facile: “Si torni al Mattarellum, si sciolgano le Camere e si vada al voto”. E due. Il tre arriva alle 19 e 03 con il Mattinale in versione serale che tuitta così: “In Parlamento gli abusivi sarebbero 148, e gli onorevoli democratici calerebbero da 340 a 192”.
E il Pd? Parla Matteo Renzi da Bologna alle ore 22 e 03: “Politicamente è evidente che si deve rifare la legge elettorale, non c’era bisogno della Corte”. Politicamente si va a nanna. Ma praticamente ci si sveglia la mattina con un giudizio della Corte e senza una legge elettorale. Sintetizza a tutta pagina la situazione surreale il Foglio: “Da sette anni siamo incostituzionali”. E ora? Non resta che attendere un accordo tra Berlusconi e Renzi sul come si vota. E’ l’epilogo di una stagione e l’inizio di un nuovo duello, certificato dal decaduto-in-piedi quando apostrofa così il sindaco di Firenze: “Il mio competitor”. Dalla “Ruota della fortuna” al battesimo del Cav.
Qualche fotogramma indietro. La settimana inizia con ritmo scapigliato, con un preludio domenicale di “vaffa” grillini (Genova, 1° dicembre) e un D’Alema del lunedì che candida Renzi a Palazzo Chigi nel 2015 “se non c’è Superman” (intervista alle “Iene”) e poi “parliamoci chiaro: io non sapevo manco chi era Matteo Renzi. Lui si è affermato sulla scena politica avendo come principale parola d’ordine rottamare Massimo D’Alema”. Modestamente. Il martedì s’apre nel segno delle candidature ovunque di Berlusconi per le elezioni europee, gettonatissime Ungheria e Bulgaria. Ma la notizia migliore viene dalla montagna: “Uno dei seggi allestiti in Lombardia per le primarie del Pd sarà un igloo e avrà accanto una statua di ghiaccio di Matteo Renzi. Verrà costruito sul ghiacciaio del Presena, in provincia di Brescia, a 2.600 metri di altitudine” (Agi, ore 12 e 06). Segue scambio di lettere tra democratici sulla par condicio al cubetto di ghiaccio tra candidati alle primarie. Manca il parere dei pinguini, ma il resto è tutto vero. Ah, no, c’è anche il dibattito sulla legge elettorale che nel pomeriggio decolla: i civatiani presentano tre proposte per cancellare il Porcellum, i renziani accusano i cuperliani di fare melina in Senato. Grande discussione. La Consulta accende il lanciafiamme mercoledì e così giovedì (5 dicembre) si torna dove prima c’era il Cav., al Tempio di Adriano. Là troviamo Angelino Alfano che “scopre” il simbolo del Nuovo centrodestra. Blu, quadrato, geometria teutonica, caratteri bianchi.
Daniele Capezzone fa la chiosa estetica: “Sembra l’F24 del Modello Unico”. Muore Nelson Mandela. Lutto planetario. Luigi Zanda informa: “Tutto il Pd è unito sul doppio turno”. Venerdì (6 dicembre) si capisce che nonostante la situazione sia grave ma non seria, nessuno davvero sa cosa fare, così si improvvisa: Giorgio Napolitano chiama Enrico Letta al Quirinale, Grillo manda online le foto segnaletiche di 148 parlamentari eletti con il premio di maggioranza, Fabrizio Cicchitto evoca il patto Ribbentrop-Molotov per denunciare la “sbandata estremistica” di Forza Italia e – sorpresona per il weekend politicamente corretto – Romano Prodi ci ripensa e annuncia al popolo festante: “Andrò a votare per le primarie, il bipolarismo rischia”. Cribbio. Torna pure lui. Anzi, come quell’altro, non se n’è mai andato. Era solo arrabbiato per la carica dei 101 dell’elezione mancata alla presidenza della Repubblica. Gli è passata, dài. C’è il pericolo. Miracoli del bipolarismo. L’inversione a “u” del Professore fa flash sullo schermo del computer e per un po’ blocca il traffico delle agenzie di stampa, seguono soddisfatte dichiarazioni democratiche, cronache epifaniche, poi alle 14 e 19 l’ingorgo retorico si diluisce e giunge una notizia triste e comica nello stesso tempo, metafora di un destino collettivo: un elefante è stato fermato all’uscita numero 11 del Grande Raccordo Anulare. Almeno lui ci ha provato: era in fuga dal circo.
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di Mario Sechi