Due dichiarazioni collegati alle proteste popolari di questi giorni mi spingono a raccontarvi una storia di rivolta popolare più o meno recente. La prima riguarda i manifestanti di Ferrara che preferiscono essere chiamati “Insorgenti”, e non “Forconi”, chissà se conoscono la storia degli italiani che insorsero nel 1796 contro le armate di Napoleone che invadevano il nostro Paese per “liberarlo” e che furono chiamati appunto, Insorgenti . Si potrebbe aggiungere e perché non chiamarsi “Briganti”? Come furono chiamati i popoli meridionali, che tra il 1860 e il 1870 insorsero contro la repressione e la militarizzazione imposta dal nuovo Regno d’Italia. L’altra dichiarazione l’ho ascoltata, in un dibattito su Rai 3, uno dei partecipanti addirittura accostava le rivolte dei forconi a quelle che ci furono in Cile nel 1972-73 che abbatterono il governo filo castrista di Salvador Allende, che con le sue “riforme” socialiste aveva portato il Paese alla fame. Non è mia intenzione forzare gli avvenimenti ma forse quest’ultimo accostamento, potrebbe avere qualche lontana affinità anche se naturalmente i tempi e le condizioni socio-economiche non sono quelli del Paese sudamericano, oggi c’è la globalizzazione e l’alta finanza che imperversa, la guerra fredda è finita da tanto tempo. Per fortuna in Italia non siamo, almeno credo, a quelle drammatiche scelte che ha dovuto fare il popolo cileno in quegli anni, non siamo ancora alla fame, ma per non trovarci in quelle condizioni sicuramente occorre dare una forte scossa politica ed economica al nostro Paese, speriamo che le proteste popolari di questi giorni dei cosiddetti possano contribuire a darla e soprattutto farlo capire ai nostri politici. Ma visto che quest’anno cade proprio il 40° anniversario di quei fatti, conosciuti meglio come il “Golpe di Pinochet”, dell’11 settembre 1973, sfrutto l’occasione per raccontare cosa è successo. Forse per l’esito militare di quella rivolta popolare, ancora non si è riusciti a scrivere la vera storia di quegli avvenimenti. In particolare, “la vulgata storiografica di sinistra pretende che i fatti si siano svolti in questa maniera: c’era un presidente socialista moderato democraticamente eletto, Salvador Allende, che è stato ingiustamente spodestato, con la forza, da un gruppo di militari corrotti dalla CIA, capeggiati da Pinochet, il quale non contento di aver compiuto il nefando colpo di stato si è dato a insensati massacri e repressioni sanguinose”.(G. Candotto, 11/09/1973: quando Pinochet liberò il Cile dai comunisti, 11.9.13,Qelsi.it)
Invece non è andata così nel 1970 Allende vince di misura le elezioni, ma da solo non può governare, allora lo fa con la DC, dopo una prima fase da moderato, attraverso le sue riforme, cerca di attuare una “via cilena al socialismo”, tra l’altro ben vista da l’allora segretario del Pci Enrico Berlinguer, che sperava di riproporla in Italia, attraverso il “compromesso storico”con la Dc. In questo periodo per conoscere meglio l’esperimento della “via cilena al socialismo”, Alleanza Cattolica, pubblicò nel 1973 attraverso la sua casa editrice, “Cristianità” di Piacenza due volumetti interessanti, Frey il Kerenski cileno di Fabio Vidigal Xavier da Silveira e “Il Crepuscolo artificiale del Cile cattolico”di Plinio Correa de Oliveira. Allende ben presto portò il suo Paese al disastro economico “Nel 1972 l’inflazione era al 120%, la produzione agricola era crollata del 16,8%, il PIL segnava un -5% e le esportazioni erano calate del 28%. Questo portò a un’ondata di scioperi che paralizzarono il paese nell’autunno del 1972: prima i camionisti, poi i piccoli imprenditori, poi artigiani e professionisti e infine gli studenti (…)” Il Paese si è impoverito, da ricordare la cosiddetta ‘marcia delle pentole vuote’ fatta dalle casalinghe, e il grande sciopero dei trasporti, nell’ottobre del 1972. All’inizio dello stesso anno, nelle città cominciarono a fare la loro comparsa davanti ai negozi lunghe file di acquirenti. Di fronte alla burrasca Allende poteva contare tuttavia su appoggi sicuri, anzitutto su quello dei partiti marxisti”, ma soprattutto su Cuba di Fidel Castro e naturalmente l’Urss. Si arrivò alle elezioni politiche del 1973 che videro la vittoria dell’alleanza tra democristiani (che avevano abbandonato Allende) e centrodestra col 57% contro il 43% del partito di Allende.
Allende non se ne diede per inteso e continuò come se avesse avuto ancora la maggioranza, calpestando la Costituzione che aveva firmato di garantire. Il 1973 fu un anno di scioperi e rivolte del popolo che chiedeva che Allende rispettasse il voto e se ne andasse. Alla fine il parlamento democraticamente eletto, avendo appurato di dover far fronte a quella che era diventata una vera dittatura comunista, visti i mesi di tentativi infruttuosi di far desistere Allende, il 22 agosto 1973 votò una mozione che chiedeva aiuto all’esercito affinché ponesse fine al regime di Allende. Il documento oltre ad elencare tutti gli atti illegali stabiliva che lo scopo evidente di Allende era la creazione di “uno stato totalitario”. Ormai il governo di Allende aveva esaurito, con un totale fallimento, la via cilena verso il socialismo e si apprestava a consumare un autogolpe per instaurare con la forza la dittatura comunista, infatti, rispose al documento dei parlamentari chiamando a raccolta i “lavoratori, i democratici e i patrioti perché si unissero a difesa della rivoluzione”: era l’appello alla guerra civile. Il generale Augusto Ugarte Pinochet accolse il voto parlamentare e guidò l’esercito fino a sgominare le milizie comuniste e a concludere la breve campagna con la conquista del palazzo presidenziale l’11 settembre 1973. Durante l’assedio Allende si suicidò col mitra regalatogli da Fidel Castro. Molto si è scritto sulla cosiddetta dittatura instaurata dal generale cileno per normalizzare il Paese. Sugli esiti di questa “normalizzazione” si possono avere pareri discordanti, a questo proposito è interessante una intervista di Luis Calvo inviato speciale di “AH”, un quotidiano spagnolo all’ex presidente della Repubblica cilena, Frei Montalva, un politico di spicco del democristianesimo di sinistra, che è stata ripresa in Italia dalla rivista Cristianità. L’ex presidente democristiano, che tra l’altro aveva favorito nel 1970 l’avvento al potere di Allende, descrive le condizioni drammatiche in cui Allende aveva gettato il Paese e di come lo stesso popolo cileno abbia invocato il golpe militare per salvare il paese dalla guerra civile e dalla catastrofe economica. «La gente non immagina, in Europa – esordisce l’uomo politico -, che questo paese è distrutto. Non sanno che cosa è successo. I mezzi di informazione o hanno taciuto quanto stava accadendo dal 1970, quando Salvador. Allende, rompendo tutte le sue promesse, e allontanandosi dalla legalità, inizia un’opera di distruzione sistematica della nazione, oppure hanno dato al mondo notizie false, perché erano, forse, senza saperlo, complici di questa menzogna enorme: e cioè che era in corso uno straordinario esperimento politico, consistente nella instaurazione del marxismo attraverso metodi legali, costituzionali, civili. E questo non è stato vero, e non è vero. E il mondo intero ha contribuito alla distruzione di questo paese, che oggi non ha altra via. di uscita verso la salvezza che il governo dei militari). Allende,“aveva introdotto in Cile innumerevoli arsenali, che venivano custoditi in case di abitazione, in uffici, in fabbriche, in magazzini. Il mondo non sa che il marxismo cileno disponeva di un armamento superiore in numero e in qualità a quello dell’esercito; un armamento per più di trentamila uomini” (Giovanni Cantoni, Pro Augusto (Pinochet). Apologia del “Golpe” “inedita” e soprendente,Cristianità, n.105, gennaio 1984). Infatti Frei sostiene che i militari sono stati chiamati dal popolo cileno che si è sollevato in massa, a cominciare dagli studenti e poi da tutte le categorie sociali. Pertanto approva la rivolta, anzi è un diritto del popolo: “quando un governo rifiuta di rispettare le leggi della società, non presta attenzione agli avvertimenti del collegio degli avvocati, insulta e disubbidisce al tribunale supremo, disprezza la immensa maggioranza del parlamento, provoca il caos economico, arresta e uccide gli operai che si dichiarano in sciopero, travolge le libertà individuali e politiche, “impoverisce” il mercato per consegnare i prodotti alimentari e di ogni genere ai monopolisti marxisti del mercato nero; quando un governo si comporta così, quando in un paese si producono condizioni come non si sono mai prodotte come in Cile così chiare e numerose nella storia del mondo, il diritto alla rivolta diventa dovere. Si tratta di un diritto giuridico proclamato da tutti i trattatisti e da tutti gli storici, come padre Mariana in Spagna».
Il governo Allende “seguiva coscientemente una politica che conduceva al caos e alla follia collettiva. […]Si tentava di distruggere il paese e di montare con i resti un programma leninistico che avrebbe previamente annientato il nemico, [Quindi] le forze militari hanno salvato realmente il paese dal suo totale annientamento. […] Nessuno desidera farsi operare di un cancro, ma viene il momento in cui ci si deve fare operare del cancro. I nostri chirurghi sono le forze armate, e il popolo ha sollecitato il loro intervento insistentemente, a gran voce e coraggiosamente”.
DOMENICO BONVEGNA
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