Blocco degli stipendi, la Consulta affossa 3 milioni di dipendenti pubblici

Mentre crolla il potere d’acquisto delle famiglie, con un 2012 da record, durante il quale si è registrato il decremento peggiore degli ultimi 22 anni, attraverso la sentenza n. 310/2013 la Corte Costituzionale dichiara legittimo il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici rigettando il ricorso presentato dai ricorrenti, docenti universitari appartenenti al personale non contrattualizzato. Si tratta di una decisione che il sindacato contesterà, ricorrendo alla CEDU per violazione dei diritti dell’uomo e della contrattazione collettiva, perché ci troviamo di fronte a due trattamenti completamente diversi nei confronti di dipendenti che operano per lo stesso “datore di lavoro”: da una parte c’è la magistratura, che da un anno sono tornati a percepire gli aumenti (con la sentenza n. 223/12, sempre della Consulta, che ha annullato l’art. 9, c. 21 della L. 122/2010), mentre dall’altra vi sono gli altri dipendenti con contratti e scatti stipendiali bloccati da anni.

A tal proposito, proprio in questi giorni l’Inps ha comunicato che “nel 2012, anno "tra i più critici" per l’economia e la società italiana, i redditi delle famiglie ne hanno risentito in "maniera rilevante". Si sono infatti ridotti del 2% in termini monetari, ma in termini di potere d’acquisto la caduta è stata di ben 4,9 punti”. L’istituto nazionale di previdenza ha rilevato, inoltre, che “si tratta del quinto anno consecutivo di caduta del reddito disponibile in termini di potere d’acquisto: dal 2008 si è ridotto del 9,4%. E che questa situazione “avrebbe potuto essere ben più grave senza l’intervento compensativo delle prestazioni sociali”. Il decremento è stato anche confermato dall’Istat: “nel 2012 l’Istituto ha potuto registrare il calo peggiore del potere d’acquisto a partire dal 1990, mentre anche la propensione al risparmio dei nuclei familiari italiani ha raggiunto il suo minimo nel corso degli ultimi 22 anni”.

A fronte di questo contesto, con diversi lavoratori pubblici che percepiscono stipendi alle soglie della povertà, quella presa dalla Consulta appare discutibile: il giudizio riguarda diverse ordinanze di legittimità costituzionale emesse dai Tar di Calabria, Lombardia, Piemonte, Trentino Alto Adige, Umbria, Puglia in merito all’art.9, commi 2 e 21 del decreto legge n. 78/2010 come convertito dalla legge 122/2010, già bocciato dalla Corte costituzionale con la suddetta sentenza n. 223/12 laddove impediva gli automatismi di carriera ai giudici, eppure ora validato laddove ha bloccato gli aumenti di stipendio per il restante personale del pubblico impiego per gli anni 2010-2014. Il rigetto del ricorso è stato respinto perché un eventuale aumento riservato a questa categoria sarebbe stato discriminatorio rispetto agli altri dipendenti pubblici.

“Ma con questa decisione – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – , la corte ha smentito se stessa nel negare la natura contributiva già acclarata del provvedimento normativo. E pur richiamando i ‘paletti’ entro cui è possibile sospendere e non cancellare i diritti quesiti, ha concluso che sarebbe lecito sospendere definitivamente il diritto alla maturazione dello scatto di stipendio per il quadriennio 2010-2014”.

“L’irrecuperabilità, infatti, che non poteva essere ammessa, si è trasformata nelle pagine della Consulta in un valore che preserva l’obiettivo di una realizzata economia di spesa, senza tener alcun conto che il prelievo negato a parole ma realizzatosi di fatto – conclude il sindacalista Anief-Confedir – colpisce soltanto i dipendenti pubblici e non tutti i cittadini”.

Ragion per cui, la Confederazione preannuncia fin da adesso l’intenzione di ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo per tutti i dirigenti pubblici e il personale della scuola al fine di ottenere giustizia. Per aderire ai ricorsi scrivere a r.stipendio@anief.net o a scatti@confedir.it.