di Martino Pirone
Una parola detta fuori luogo, ovvero quando le si da una definizione diversa dall’effetto che produce, mi fa rabbia e penso che faccia indignare tantissimi Italiani. Il termine in questione è l’odiosa I.V.A. (imposta sul valore aggiunto), l’imposta che nel 1973 sostituì l’I.G.E. (imposta generale sull’entrate). Nulla di più errato e fuorviante. I nostri benamati governanti per addolcirci la pillola coniarono questi acronimi. Analizziamo il significato letterale della denominazione “sul valore aggiunto”, cioè dovrebbe essere un’imposta da calcolare sulla differenza di costo tra un passaggio all’altro, ad es.: se un commerciante compra dal produttore merce per 100 Euro e la rivende a 130 Euro dovrebbe pagarsi un’imposta sui 30 Euro del valore aggiunto. Lo stesso dicasi dell’imposta da pagare sulla fattura per una prestazione artigianale, ad es.: Se si chiama l’idraulico perché si è rotto un rubinetto e questi emette fattura con I.V.A, quale valore è stato aggiunto alla casa ? E’ stato soltanto ripristinato l’utilizzo di un bene (tutt’al più andrebbe pagata soltanto sul materiale sostituito). Inoltre se per qualsiasi motivo ci si rivolge ad un avvocato, questi emette una fattura maggiorata di IVA, ma quale è il Valore Aggiunto e a favore di chi ? E’ soltanto un importo aggiuntivo alla spesa dell’onorario del professionista.
Quindi se proprio dobbiamo pagarla cominciamo a chiamarla nel modo giusto: I.A.S.S. (Imposta Aggiunta Sulla Spesa), altrimenti l’IVA la dovrebbe pagare il fornitore e non il compratore, nel senso che se il fornitore aggiunge un tot sul prezzo di costo, su quel tot aggiunto dovrebbe lui pagare l’IVA . Un’altra negatività di questa odiosa imposta è quella relativa alla sua aliquota: quando il 1° gennaio 1973 l’I.V.A. sostituì l’I.G.E., che era al 4%, fu fissata un’aliquota del 12% e man mano è stata progressivamente aumentata sino ad arrivare all’attuale 22% (la Comunità Europea – altro centro di spese pazzesco – nel 2006 ha fissato un’aliquota minima al 15%).
A cosa serve l’IVA ? E’ un’entrata che serve allo Stato per erogare ai Cittadini, direttamente o tramite gli Enti Locali, molti servizi pubblici: istruzione, trasporti, assistenza sanitaria, giustizia, esercito, Forze di Polizia, Amministrazione Pubblica, ecc.
Consideriamo che dal 1973 ad oggi certamente i servizi prestati agli Italiani non sono raddoppiati come invece è quasi raddoppiata l’aliquota IVA (dal 12 al 22%), ma sono aumentate le spese della Pubblica Amministrazione ed in particolare quelle delle Regioni, i veri pozzi di San Patrizio. Specialmente quando ogni Regione poco dopo la loro istituzione (1971) ha voluto costruirsi una propria Regia come il Palazzo di Re Mida, ma a differenza di questi, che poteva trasformare in oro tutto ciò che toccava, ciascun Consiglio Regionale non ha questa facoltà ma ha bisogno di attingere dalle nostre tasse e imposte per assegnarsi prebende e privilegi spropositati, sfociando anche in tanti abusi.
Inoltre ogni Presidente (così definito dall’art. 121 della Costituzione), autoproclamatosi pomposamente Governatore, ha voluto persino aprire sedi o uffici di rappresentanza in Italia, in Europa e all’estero (peraltro non previste dalla Costituzione), con aggravio di maggiori spese a carico dei contribuenti. L’aliquota dell’odiosa parolina continuerà a salire se non si rivede e si riscrive la legge istitutiva delle Regioni e morigerare i suoi Amministratori, ponendo dei paletti di spesa invalicabili, oltre ad una più ampia riduzione di spesa in tutta la Politica e la Pubblica Amministrazione, come l’eliminazione di tutti gli Enti inutili, la riduzione del numero dei Parlamentari e delle loro retribuzioni, pensioni e privilegi vari, la riduzione delle spese militari riducendo anche il numero dei Generali e loro retribuzioni ed eliminazione dei vari gradi militari da Ufficiale ai Cappellani (sono Preti che dovrebbero essere tutti uguali, come la Messa che dicono), ecc. ecc.