Anni di indagini, intercettazioni telefoniche, perizie contabili, pedinamenti: non sono le manette a Cerroni e associati ad interessare chi da anni lotta sui territori martoriati della Valle Galeria e del Lazio; più che la notizia degli arresti di oggi, c’è un messaggio da divulgare e a cui dare spazio sui media: sul modello di gestione dei rifiuti e sulle responsabilità di politica corrotta, imprenditoria, malaffare, logiche emergenziali e commissariamenti hanno ragione i cittadini, i comitati e le realtà sociali che da tempo si spingono oltre la protesta, verso proposte alternative all’attuale gestione dei rifiuti urbani. Una gestione criminale e incentrata sul profitto più che sull’interesse pubblico ad un servizio garantito nel rispetto della salute e della salubrità dell’ambiente. L’ottavo Re di Roma in manette insieme alla sua cupola di cortigiani e soci in affari, dunque, non è tanto il trionfo della giustizia quanto la conferma del fatto che se, sul tema rifiuti, politica e magistratura rispondessero alle sollecitazioni dei territori devastati dalle emergenze ambientali causate da impianti dannosi per la salute e per l’ambiente, le cose andrebbero e sarebbero andate diversamente e certi monopoli non avrebbero modo di esistere.
Se tra gli arresti troviamo Landi, per due volte presidente della regione Lazio, oggi amministratore delegato di Ecoambiente, società che gestisce la discarica di Latina, sotto inchiesta per reati ambientali e di Latinambiente, operatore dei rifiuti partecipato dal comune pontino e della Viterbo Ambiente, significa che politica e imprenditoria fanno accordi sulla messa a profitto dei territori, devastandoli e mettendo a rischio la salute dei cittadini: i magistrati confermano, i territori lottano, la politica è assente.
Se tra gli arrestati troviamo Fegatelli, che per anni ha svolto incarichi nel settore rifiuti ed è adesso presidente dell’Agenzia per i beni confiscati alla mafia, indagato per gravi reati e De Filippis, che lo scorso aprile è stato nominato direttore del settore “Infrastrutture, ambiente e politiche abitative”, abbiamo conferma che non ci sarà buona politica fin quanto l’amministrare si risolve in un cambio di poltrone e non di persone, chiudendo ogni strada ai processi di partecipazione e controllo popolare.
Soprattutto, se al centro delle indagini c’è l’impianto di Albano Laziale per la produzione di Cdr destinato all’inceneritore di Colleferro, abbiamo conferma del fatto che bruciare rifiuti è un business non gestione di un servizio pubblico. Per questo il ruolo dei comitati, delle organizzazioni sociali, della cittadinanza attiva in generale è sempre più importante e il riconoscimento di tale ruolo risulta indispensabile se l’obiettivo è la costruzione di altri modelli economici, sociali e di gestione dei servizi essenziali che garantiscano giustizia ambientale e tutelino i diritti delle comunità locali.
Redazione A Sud