Più di 110 mila euro spesi nel 2013 attraverso il Centro di ascolto diocesano per aiutare vecchi e nuovi poveri, nel pagamento degli affitti e delle bollette, nell’acquisto di libri e farmaci. Non è tutto, naturalmente, ma è un dato significativo, che racconta uno spaccato della crisi, del disagio, della sofferenza di Messina e del suo hinterland. Comincia da qui padre Gaetano Tripodo, direttore della Caritas diocesana di Messina Lipari S. Lucia del Mela per segnalare vere e proprie emergenze che si affacciano prepotenti alla conoscenza e alla consapevolezza della Chiesa locale. Povertà che si assommano, si incrudeliscono, si ingrandiscono. E su tutto il dramma della mancanza di lavoro, e della perdita dell’occupazione da parte di padri e madri di famiglia che fino a qualche tempo fa avevano potuto contare almeno su piccole entrate e che oggi, letteralmente, non sanno come andare avanti. Una situazione che si legge in filigrana nell’aumentare delle richieste di sostegni economici alla Caritas da parte di famiglie e di singoli. Una situazione – soprattutto – che “sta erodendo nel disagio, nel dolore, anche i rapporti umani, le relazioni sociali, minando alla base la tenuta psicologica di tanti cittadini”.
Le somme donate attraverso il Centro di ascolto diocesano rappresentano circa un terzo del totale speso dalla Caritas diocesana l’anno scorso. Tra supporti a singoli e famiglie, sostegno ad associazioni, investimenti per le strutture di accoglienza diocesane, contributi per la gestione di servizi di assistenza, l’importo supera infatti i 300 mila euro. Le voci più cospicue, e le aree di intervento più importanti, sono quelle riguardanti la disabilità (41 mila euro), i senza dimora (110 mila euro), l’immigrazione (18 mila euro), la tossicodipendenza (circa cinquemila euro).
In questo panorama si inserisce anche il fenomeno del gioco d’azzardo patologico, al quale la Caritas dedica un biennio di impegno appena avviato. E da impegno a impegno, anche quello che la Caritas destina alle periferie – urbane e morali – è oggi “indispensabile e urgente, forse più di prima” per l’aggravarsi delle condizioni generali. E sono “casa e lavoro” i settori in cui più forte, più determinante, si avverte il bisogno della collettività. “Anche perché avere una casa in cui crescere i propri figli e un’occupazione con cui mantenere la propria famiglia sono due fattori che tanti, come ci hanno raccontato, considerano decisivi per poter riconquistare dignità ai propri occhi e superare i momenti di tristezza e disperazione”.
“Il metodo della Caritas, preminentemente educativo – ricorda padre Tripodo – ci aiuta nel crescere in consapevolezza e nell’accompagnare i nostri interlocutori. Non è soltanto l’aiuto concreto in sé ciò che consideriamo importante, ma piuttosto promuovere e sostenere percorsi di auto aiuto e di presa di coscienza, di assunzione di responsabilità. In questi percorsi, certo, ci sono i momenti di dono, ma anche la gratuità è una delle vie verso la consapevolezza e verso la capacità di relazione con l’altro. L’obiettivo è sempre una vita di condivisione, solidarietà e amore scelta con piena cognizione”.
Una scelta di campo, questa, che indirizza anche la selezione di quelle “opere segno” cui la Caritas si dedica: le case di accoglienza per senza dimora o per i detenuti, le residenze per i parenti dei malati, le strutture per i diversamente abili. “Opere che fanno del bene in sé ma che soprattutto rappresentano un’indicazione, provocano riflessione”.
Alla base dell’impegno della Caritas c’è la difesa del diritto alla dignità della persona in quanto tale, e la voglia di fare qualcosa per gli altri, anche quando si devono affrontare procedure burocratiche che talvolta “rischiano di ostacolare la possibilità di offrire un aiuto concreto e immediato a chi ne ha bisogno”. E la conclusione è, in uno con quanto detto in una dichiarazione famosa da Madre Teresa di Calcutta, “il nostro impegno è una goccia nel mare, certo, ma una goccia necessaria”.