Mt 5,13-16
Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte,
né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.
Questo brano è da collegare al precedente (Mt 5,1-12), omesso per la coincidenza della domenica con la Presentazione del Signore. Ne diviene quasi una spiegazione immediata, anzi pur nella incisività ne è una sfida. Soprattutto per coloro che vivono un cristianesimo meticoloso e compiaciuto. Il dramma esplode in tutta la sua virulenza allorché si constata che i cristiani fanno di tutto per rendere asettico il Vangelo.
In questa direzione si muoveva la critica implacabile di Pavel Evdokimov, teologo ortodosso, nel libretto intitolato “L’amore folle di Dio”, ove non disdegnava di svegliare la Chiesa (non solo quella cattolica) dal suo torpore perché le appariva non come “fermento” di Cristo, ma come “un luogo ove si nutre se stessi”.
Quando i cristiani decidono di non accogliere questa sfida, si mettono alla ricerca di un cristianesimo comodo. Davanti a questa realtà che va denunciata, non manca certo il numeroso gruppo di coloro che oppongono obiezioni e distinzioni, per avere un alibi. Ma questa obiettività non può essere negata.
Oggi mancano i cristiani (S. Paolo direbbe “i santi”) che scandalizzano incarnando l’amore folle di Dio. Ecco la sfida del vangelo quando dice: “voi siete il sale della terra; voi siete la luce del mondo”. Mi soffermo brevemente su questi due simboli.
Prima però vorrei chiedere: dove si trova il sale? Se dovessimo dare una risposta collegata al senso letterale, dovremmo dire: nelle saline, che in Sicilia abbondano e offrono spettacolari giochi cromatici soprattutto al tramonto. In un senso più profondo: il sale sta nella nostra fede che ci consente di vivere in modo nuovo. È quell’atteggiamento che da sapore alla vita. Vi suggerisco un criterio per sapere se il nostro sale ha sapore. Noi credenti siamo “vangelo” cioè “buona notizia” per gli altri? Quello che viene vissuto nelle nostre comunità è “buona notizia” per la gente? Quale sapore offriamo di fronte all’incertezza dell’uomo odierno, alla disperazione dei lontani, alle tenebre che avvolgono il cuore di molti uomini? Molti interpretano l’essere sale in chiave “attivista”, cioè per i cristiani è importante agitare le acque, essere sempre più protagonisti sulla scena socio-religiosa, ma le buone opere a cui il sale della fede da sapore nascono dall’amore e dalla presenza dello Spirito in noi. Una domanda mi frulla costantemente in testa: in mezzo a tantissime attività, dove risplende la nostra luce davanti agli uomini che vedono le nostre opere buone per rendere gloria a Dio?
Mi permetto di suggerire una pista di riflessione pratica di questa espressione evangelica. Si pensava che la stagione della pervasiva ragnatela corruttiva fosse finita, ma ogni giorno sentiamo dire che il diritto al lavoro e alla dignità umana viene calpestato, che la trasparenza nella gestione della funzione pubblica è un optional, che la verità nell’informazione è quella dettata dai vari editori a seconda delle alleanze dei gruppi di potere…
Questo brano obbliga i cristiani (di nome e di fatto) a risanare questa società, abbattendo la corruzione e introducendovi l’onestà, la luce che illumina il cuore degli uomini e li sollecita a rendere gloria a Dio.
Ettore Sentimentale