Relazione infiltrazioni mafiose nel settore giochi…

“E’ ormai ampiamente dimostrato il preminente interesse della criminalità organizzata nel settore del gioco, determinato dagli elevatissimi e rapidi guadagni; dalla possibilità di riciclare ingenti somme provenienti da attività illecite; dalla penetrazione territoriale connessa alla gestione delle sale gioco, dei corner, degli apparecchi da intrattenimento; ed infine dai bassi rischi giudiziari previsti per le singole condotte criminose”. Sono alcune delle conclusioni elaborate dalla Direzione Nazionale Antimafia nella relazione sulle infiltrazioni mafiose nel settore dei giochi e delle scommesse 2012/2013. La relazione – informa Agimeg – illustra una panoramica del settore del gioco legale, e i comparti di “maggiore interesse” per le mafie. Vengono citate anche le numerose operazioni della DDA svolte nel biennio 2012-2013 (tra le quali l’operazione Curacao che individuò una serie di società incaricate della gestione del gioco, tra cui di 800 videoslot in tutta Italia e una villa del valore di 1 milione e 500 mila euro; o ancora l’indagine della DDA di Lecce Fast, sulla costituzione in Italia ed in Albania di alcune società prevalentemente operanti nel settore giochi intestate a prestanome, oltre alle più note Black Monkey o Last Bet). “Esiste in pratica un circuito clandestino, parallelo a quello ufficiale – si legge nella relazione – in cui si impiegano apparecchi del tutto sconosciuti al fisco perché scollegati dalla rete telematica; in cui operano siti on line per i quali il flusso di scommesse, gestito da personaggi contigui ai clan, viene indirizzato a server installati in paesi a fiscalità agevolata e gestiti da società sconosciute ai Monopoli; in cui gli internet point – riporta il documento – sparsi sul nostro territorio occultano in realtà dei centri di trasmissione dati che trasmettono le giocate a società prive di concessione in Italia e non assoggettate al prelievo fiscale; in cui ai giocatori vengono fornite false ricevute per il gioco del lotto o per le scommesse sportive in quanto il circuito su cui si gioca e si punta non è quello gestito dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli; in cui nelle sale Bingo si realizzano frodi informatiche che precludono ai giocatori ogni possibilità di vincita; in cui si truccano le partite o le corse per procurare, a pochi, vincite enormi”. “Non vi è dubbio – si aggiunge – che l’enorme incremento che ha avuto la diffusione del gioco negli ultimi 10 anni” ha fatto “parallelamente crescere gli appetiti delle mafie, che hanno (…) anche sviluppato adeguate professionalità specializzando, per così dire, alcuni affiliati nello specifico settore”. “La normativa più recente – oltre alle regole a tutela dei minori e a quelle in tema di pubblicità – ha tentato di introdurre alcuni presidi per contrastare tale infiltrazione, quali l’istituzione di un albo – che presuppone il rilascio della certificazione antimafia – per tutti gli operatori della filiera degli apparecchi da intrattenimento; la previsione di requisiti di trasparenza, legalità e correttezza imposti alle concessionarie; l’inibizione ad aprire punti di gioco per chi è colpito da misura di prevenzione o alle imprese oggetto di tentativi di infiltrazione mafiosa. Tuttavia – concludono – le indagini che sono state portate a compimento dalle DDA (…) evidenziano la persistente incapacità di effettuare seri e sistematici controlli sulla galassia degli operatori a causa della scarsità di personale idoneo, la difficoltà di attivare efficaci procedure sanzionatorie pur in presenza di gravi violazioni da parte dei concessionari, e – più in generale – un radicato sistema di connivenze che investe ora funzionari pubblici, ora appartenenti alle Forze dell’ordine e che di fatto agevola in modo consistente le organizzazioni criminali che operano nel settore. A ciò si aggiunga che da alcuni procedimenti emerge un sistema di relazioni di potere che lega le organizzazioni mafiose ad un’imprenditoria collusa, che in alcuni casi risulta a sua volta legata ad ambienti istituzionali”, si legge ancora.