In cinque anni di crisi in Italia è andato perso quasi un milione di posti di lavoro. Dal 2008 al 2013 nel nostro Paese gli occupati sono scesi da 25,2 milioni a 24,3 milioni con un calo di 961mila unità (-3,8%). Nell’area euro occupazione è risultata in caduta del 3,4% (-5,1 milioni) da 150,8 milioni a 145,7 milioni. Unica eccezione è la Germania (+3,7%) che ha dato impiego a 1,5 milioni di persone in più (da 40,5 milioni a 42 milioni). Questi i dati principali di un rapporto del Centro studi Unimpresa che ha analizzato l’andamento del mercato del lavoro in Italia e nell’area euro dal terzo trimestre 2008 al terzo trimestre 2013. L’analisi di Unimpresa – basata su dati Banca d’Italia, Eurostat e Istat – mette in luce che nell’area euro (Unione europea a 17) l’occupazione è calata complessivamente da 150,8 milioni a 145,7 milioni: i posti di lavoro in meno pertanto sono 5,1 milioni (-3,4%). Dentro i nostri confini, in media si sono persi 200mila posti di lavoro l’anno. Gli occupati erano 25,2 milioni a settembre 2008 mentre già nel 2009 (terzo trimestre) erano calati a quota 24,7 milioni. Ancora una diminuzione nel 2010 (terzo trimestre) a 24 milioni e 550mila unità, poi una lieve ripresa a settembre 2011 a 24 milioni e 714mila unità e ancora su dopo altri dodici mesi (settembre 2012) con 24 milioni e 851mila unità occupate. L’ultima istantanea, terzo trimestre 2013, restituisce una fotografia a tinte fosche: i posti di lavoro sono 24,3 milioni e rispetto all’inizio della crisi (terzo trimestre 2008) sono andati persi, dunque, 961mila posti di lavoro con un calo percentuale pari al 3,8%. Non solo l’Italia, comunque, vede diminuire l’area dell’occupazione. Fra i principali paesi che adottano la moneta unica, il quadro è negativo anche in Francia e Spagna. Nel dettaglio, in Francia nel terzo trimestre 2008 gli occupati erano 27,2 milioni mentre a settembre 2013 risultavano 27 milioni: i posti di lavoro persi sono 230mila (-0,84%). In caduta libera l’occupazione in Spagna che ha assistito a un crollo della forza lavoro: da 20,7 milioni a 17,2 milioni, gli occupati in meno sono 3,4 milioni (-16,5%). In controtendenza la Germania: l’occupazione tedesca, nonostante la crisi finanziaria internazionale e la recessione che ha colpito l’Europa e il resto del Mondo, è aumentata del 3,7% da 40,5 milioni a 42 milioni con una crescita di 1,5 milioni di posti di lavoro. "La situazione – commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi – è da allarme rosso. L’emorragia di posti di lavoro si estende a vista d’occhio giorno dopo giorno e non si vede una via d’uscita. Le imprese sono stremate e il fallimento è inevitabile. Al nuovo governo di Matteo Renzi, che questa mattina giura nelle mani del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, poniamo l’esigenza di varare riforme serie, volte a dare speranza agli imprenditori e pure alle famiglie. Per rimettere in moto l’economia, e quindi per far ripartire l’occupazione, dando alle aziende la possibilità di creare nuovi posti di lavoro, si deve dare impulso al credito e vanno tagliate le tasse". Secondo Longobardi "senza la liquidità delle banche e senza un abbattimento drastico della pressione fiscale il nostro Paese non ha futuro. In questo quadro drammatico, abbiamo assistito finora purtroppo a una grande irresponsabilità dei partiti, specie quelli della maggioranza chiamati a sostenere il vecchio esecutivo, che si sono divisi su questioni minori invece di pensare a salvare il Paese". Per il presidente di Unimpresa "un ragionamento, e forse qualche ripensamento, va fatto anche in chiave europea: la Germania ha dati migliori, ma nel lungo periodo anche la robusta economia tedesca pagherà il conto in assenza di politiche economiche in grado di far ripartire anche i paesi più deboli".