di Nicola Currò
Si dice che gli affari, quelli veri, si consumino nelle segrete stanze di alcuni potenti. Così si è detto, per esempio, di Francantonio Genovese e dei suoi presunti “affari” nella formazione, omettendo però di raccontare degli “affari” preelettorali che si concordarono, alla presenza del satrapo pappagone, a cena in una villa di Circuito Torrefaro. La stessa villa che gli inquirenti indicano come sede della Calaservice S.r.l., nonché residenza dell’on. Genovese. Misteri della giustizia e dell’informazione, vittime rispettivamente della sindrome da delirio d’onnipotenza l’una e della sindrome da giornalismo collettivo l’altra. Giustizia e informazione che usano la stessa tecnica: puntato il “cattivo” di turno rivolgono a lui tutta l’attenzione sino ad annientarlo col risultato di distogliere l’attenzione su tutte le altre importanti questioni che riguardano i cittadini.
E’ in contesti di questo tipo che gruppi di potere, quelli veri che agiscono all’oscuro di tutto e tutti, realizzano affari d’oro a discapito dell’interesse collettivo. Nessun organo d’informazione, tanto per fare un esempio, si sta occupando delle prossima gallina dalla uova d’oro che in molti sono pronti a spennare e che prende il nome di “Aree Zir e Zis” (non si esclude che le indagini su Genovese riguardino anche questa imminente spartizione, giusto per eliminare uno scomodo competitor!). Non è un caso che oggi, mentre tutti si ritrovano a banchettare alle spalle dei Messinesi, l’unica vera opposizione esistente a Messina, ovvero la consigliera comunale Nina Lo Presti, stia puntando l’attenzione sull’importante questione dell’assenza di un Piano particellare degli espropri, nelle aree ex Asi, oggi di competenza Irsap, che potrebbe dar vita a dannose speculazioni a favore dei soliti noti. E’ un dato di fatto che allo stato attuale «sovrapposizioni tecniche, politiche e normative rischiano di confondere e dilatare strumenti e percorsi che dovrebbero essere trasparenti, legali e realizzati nell’interesse della collettività» ma che invece rischiano di produrre, come al solito, e all’ultimo momento utile, cambi di destinazione d’uso delle attività esistenti per consentire che «parametri di tipo economico/privatistico finiscano per prevalere su una complessiva strategia urbanistica in funzione di un superiore interesse collettivo». Ecco non verremo che, intenti come siamo a liberarci dal male assoluto e dal cattiverio che gli ruota attorno, noi cittadini la prendessimo comunque in quel posto senza accorgercene e col benestare della magistratura, dell’informazione e della sempre indignata opinione pubblica.