I soldi per gli scatti o gli aumenti in busta paga li deve stanziare il Governo: non devono essere le scuole a distribuirli attraverso il fondo d’istituto, invece utile per le attività a completamento della didattica, peraltro già oggi ridotto di un terzo rispetto al 2010. A sostenerlo è l’Anief, dopo l’infelice dichiarazione rilasciata a “La Stampa Tv” dal Ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini: ‘se si da più autonomia alle scuole – ha detto il Ministro – se si fa più valutazione, c’è la possibilità di distribuire le risorse in maniera differenziata, valorizzando chi si impegna di più, chi assume funzioni di coordinamento’.
“Non comprendiamo – dice Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – come possa un Ministro della Repubblica italiana auspicare questo scenario, dal momento che solo qualche giorno fa il responsabile del Mef, Pier Carlo Padoan, ha ricordato che gli aumenti stipendiali e gli scatti al personale della scuola devono essere stanziati dal Governo. Il Ministro Giannini, invece di rilasciare interviste dai contenuti lontani dalla realtà, farebbe bene ad impegnarsi per trovare le risorse per permettere gli aumenti stipendiali a dei professionisti della formazione, già messi a dura prova dopo l’approvazione della riforma Brunetta del pubblico impiego introdotta con il decreto legislativo 150 del 2009”.
A tal proposito, il sindacato ha calcolato che il blocco degli scatti, arrivato nel 2010 e prorogato dal Governo Letta sino alla fine di quest’anno, ma anche della vacanza contrattuale, che sempre lo stesso esecutivo ha deciso con l’ultima Legge di Stabilità che non verrà corrisposta sino a tutto il 2017, hanno sempre più depauperato lo stipendio degli insegnanti: basta ricordare che, rispetto ai colleghi che operano nell’area Ocde, a fine carriera i nostri insegnanti guadagnano 8 mila euro in meno: in pratica un terzo in meno. E ora gli si dice pure che gli aumenti saranno riservati a pochi intimi.
Già il ‘Conto annuale’, realizzato dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato a fine 2013, riportava il dato che nel 2012 docenti e Ata della scuola hanno percepito in media 29.548 euro annui, l’importo annuo più basso della P.A.. Ma soprattutto, la Ragioneria statale indicava che tra il 2008 e il 2012 mentre il costo della vita è aumentato dell’11,4%, nello stesso periodo gli stipendi di docenti e Ata si sono incrementati di meno dell’8%. Una compensazione equa, per evitare di proletarizzare il ruolo del dipendente scolastico, sarebbe allora quella di assegnare una quota forfettaria – comprendente gli arretrati, i mancati rinnovi contrattuale e i tagli al Fondo d’Istituto – che il nostro sindacato ha stimato in 25.000 euro a dipendente.
“Se tra i paesi moderni europei – continua Pacifico – i nostri docenti continuano ad avere lo stipendio di fatto fermo al 2009, il più basso dopo la Grecia, è evidente che l’aumento di 80 euro previsto dal DEF rappresenta poco più di un ‘obolo’: una cifra ben lontana dai 120 euro lordi che i vari Governi avrebbero dovuto versare nell’ultimo decennio. Per rilanciare la figura dell’insegnante servono risorse vere. Non è possibile accettare – conclude il sindacalista Anief-Confedir – che negli altri Paesi CEDU un docente a fine carriera guadagni 600 euro in più al mese”.