Abusando della sua posizione, quasi fosse un datore di lavoro, il Ministero dell’Istruzione continua a far funzionare le scuole italiane sulla pelle dei precari. Anziché allinearsi all’Europa, dove dopo 36 mesi di servizio precario anche non continuativo si viene assunti, nelle ultime ore l’amministrazione ha fatto sapere che nel prossimo triennio intende assumere solo la metà dei posti effettivamente liberi: appena 63mila immissioni in ruolo nel periodo 2014/2017, a fronte però di 125mila posti vacanti e disponibili.
Partendo dal presupposto che delle 120 mila cattedre al 30 giugno assegnate quest’anno, il 75% è senza titolare e che rispetto ai 230 mila alunni con handicap lo Stato italiano ha bisogno di 115 mila insegnanti di sostegno, rispetto ai 90.000 previsti nel 2016 dall’ultima Legge 128/2013 per garantire il rapporto uno a due, e preso atto del pensionamento a settembre di 11 mila docenti e 3.600 Ata, oltre che dei contratti di 12 mila docenti e 19 mila ATA al 31 agosto, l’Anief torna a chiedere al Governo e al Ministro Giannini di lavorare su numeri veri. Attuando per il prossimo anno scolastico un piano di immissioni in ruolo pari a 125 mila unità. Perché i posti ci sono e anche gli aspiranti docenti disponibili, già tutti abilitati. Come 25 unità di personale Ata, tutte idonee e pronte a subentrare.
“Con il piano di assunzioni annunciato – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – lo Stato italiano conferma la linea ‘sparagnina’ degli ultimi anni, quando ha assunto molto meno di quanto avrebbe dovuto, facendo negli anni innalzare il precariato di oltre il 20% e le spese per sostenerlo del 68%”.
“È bene – continua Pacifico – che i numeri al ribasso, praticamente dimezzati, fatti circolare dal Miur vengano rivisti. In caso contrario, c’è il rischio concreto che entro l’anno siano gli eventi giudiziari a prevalere. Obbligando lo Stato italiano a risarcire danni anche superiori ai 4 miliardi di euro. Si tratterebbe di danni economici che si andrebbero a sommare a quelli già in essere, con diverse centinaia di milioni di euro di danno all’erario, derivanti dall’abuso immotivato di precariato. È giunto il momento di un’inversione di tendenza: occorre quindi cancellare quelle deroghe esplicite, come la legge 106/2011, alle norme europee, ad iniziare dalla direttiva 1999/70/CE”.
A tal proposito, un recente studio Anief – realizzato anche su rapporti annuali della Ragioneria Generale dello Stato e dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – ha rilevato che tra il 2001 e il 2013, a dispetto della direttiva comunitaria, i contratti annuali o fino al termine dell’anno scolastico conferiti ai docenti italiani sono incrementati di oltre il 20%, passando da 96.915 a 120.339. Complessivamente – considerando anche il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario – per il funzionamento ordinario degli istituti scolastici le supplenze sono aumentate da 105.000 a 140.000 unità. E nel contempo le spese per il personale a tempo determinato sono aumentate di 348 milioni di euro dal 2007 (+68%, portando il totale a circa 800 milioni di euro l’anno). Mentre nella Sanità – dove si è proceduto alla stabilizzazione di 24.000 unità – si è prodotto un risparmio di 80 milioni di euro.
Ma quello di eludere le assunzioni su tutti i posti vacanti è ormai un male cronico italiano. Sempre Anief ha calcolato che dal 2001 ad oggi lo Stato italiano ha assunto nelle scuole pubbliche 258.206 insegnanti, mentre nello stesso periodo gli insegnanti che sono andati in pensione sono stati 295.200 unità. Ne consegue che le immissioni in ruolo non hanno coperto neanche il turn over. Le assunzioni a tempo indeterminato non sono bastate a coprire tutti quei posti liberi, ben 311.364, che a partire dal 2001 sono stati dichiarati dal Miur ufficialmente vacanti.
Eppure, il Ministero avrebbe tutto l’interesse a favorire l’assunzione di personale giovane e motivato: solo nelle graduatorie ci sono quasi 200mila precari. Cui si aggiungono 20mila abilitati tra Tfa ordinario e vincitori di concorso rimasti a spasso, 25mila abilitati magistrale e 70mila prossimi con i Pas: “se non si agisce subito – concude Pacifico – assumendo il prima possibile questo personale già selezionato e formato, ci ritroveremo con tanti insegnanti demotivati, giunti al ruolo sfiniti e con i capelli grigi. Arrivati all’agognata immissione in ruolo dopo anni e anni di servizio, sempre più spesso in classi-pollaio di 30 e più alunni”.
Non è un caso se nell’ultima tornata di immissioni in ruolo, degli 11.542 nuovi docenti assunti un’altissima percentuale aveva oltre 50 anni di età. E non sono mancati i casi di assunzioni di docenti over 60enni. Innalzando, in tal modo, la già alta media dei docenti di ruolo, con due insegnanti su tre ultra 50enni.