Con la recessione le famiglie non spendono più e in un anno lasciano in banca 15,4 miliardi di euro, mentre crolla di 25,8 miliardi la liquidità degli istituti di credito che hanno aumentato di 32,7 miliardi gli investimenti in titoli di Stato. La crisi e i timori di nuovi scossoni finanziari, bloccano i consumi e, nonostante la crescita dei depositi dei cittadini, riducono i fondi delle banche che cercano guadagni facili con bot e btp. Questi i dati principali di un rapporto del Centro studi di Unimpresa, secondo cui i salvadanai delle famiglie sono passati dagli 854,1 miliardi di euro di marzo 2013 agli 869,6 di marzo 2014 in aumento dell’1,8%; la liquidità degli istituti è invece diminuita da 346,9 miliardi a 321,1 miliardi in calo del 7,4%. Secondo il rapporto di Unimpresa, basato su dati della Banca d’Italia, le famiglie hanno dunque risparmiato di più e i salvadanai sono cresciuti di 25,8 miliardi. Anche i fondi delle imprese risultano in crescita con un aumento di 5,1 miliardi da 191,7 miliardi a 196,7 (+2,6%). Su anche quelli di assicurazioni e fondi pensione di 1,8 miliardi da 25 miliardi a 26,8 (+7,3%) e quelli delle onlus di 1,1 miliardi da 22,3 a 23,4 miliardi (+4,8%). Stabili i depositi delle imprese familiari che sono risultati in leggero calo di 133 milioni da 44,5 miliardi a 44,4 miliardi (-0,2%). Cala la liquidità delle banche di 25,8 miliardi, passata da 346,9 miliardi a 321,1 miliardi (+7,4%). Una diminuzione che pare trovare giustificazione nel contemporaneo aumento degli investimenti in obbligazioni pubbliche: da marzo a 2013 a marzo 2014, infatti, nei portafogli bancari, bot, btp, cct e ctz sono passati complessivamente da 362,8 miliardi a 395,6 miliardi in crescita di 32,7 miliardi (+9,1%). Nello stesso periodo i finanziamenti ai privati sono calati di 30,5 miliardi da 1.461,8 miliardi a 1.431,3 miliardi: una riduzione che interessa sia le famiglie (-6,9 miliardi) sia le imprese (-23,5 miliardi). Le erogazioni degli istituti di credito sono scese, complessivamente, del 2,09% nell’ultimo anno. "Analizziamo due fenomeni preoccupanti. Da una parte l’aumento delle riserve delle famiglie che preferiscono risparmiare il più possibile, ma così facendo riducono drasticamente i consumi con inevitabili ricadute negative sulle possibilità di ripresa delle aziende italiane, costrette a fare i conti con una domanda in calo e quindi a ridurre la produzione con tutto quello che ne consegue sul versante dell’occupazione. Dall’altro lato, vediamo come le banche, che hanno ridotto i prestiti di 30,5 miliardi al settore privato in un anno, spostano la liquidità in asset sicuri: invece di finanziare imprese e famiglie, gli istituti mettono i soldi in titoli di Stato, con guadagni facili e sicuri, ma basati si un progetto di basso profilo" commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.