Dalla Sardegna una straordinaria storia: il Parco Fluviale nei luoghi colpiti dall’alluvione

“A Posada il sindaco è un geologo. Con altri 3 comuni si è dato vita al progetto del Parco Fluviale . Cioè lì dove solo pochi mesi fa abbiamo avuto devastazioni, distruzione, sui luoghi dell’alluvione nascerà un Parco Fluviale. E’ la natura che si riprende gli spazi. E una ragione pratica c’è, perché è anacronistico costruire argini o opere sempre più importanti a protezione degli insediamenti umani, quando la natura, almeno in determinati settori, si riprende gli spazi che gli competono. Il Parco Fluviale di Tepilora, così si chiamerà, dovrebbe poi generare un volano per una diversa economia del territorio, più sostenibile e rispettosa dell’ambiente”. Lo ha affermato Davide Boneddu, Presidente dell’Ordine dei Geologi della Sardegna, chiudendo la convention sul Dissesto Idrogeologico, svoltasi presso il Dipartimento di Scienze Geologiche dell’Università di Cagliari. Ed ecco alcuni dati riguardanti il Parco Fluviale di Tepilora. “I comuni coinvolti sono 4, Bitti, Lodè, Torpè e Posada – ha proseguito Boneddu – l’estensione complessiva è pari a 7.877,81 ettari (ha) mentre gli Enti coinvolti oltre i 4 Comuni sono: Provincia di Nuoro, Ente Foreste e Regione Sardegna”. L’Italia è un vero manuale di geologia soprattutto per ricchezze e bellezze ma c’è l’allarme lanciato con forza dalla Sardegna , dal Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi, Gian Vito Graziano.

“I finanziamenti per la ricerca di base sono quasi azzerati – ha denunciato Graziano- la metà delle scuole di Dottorato dovranno chiudere e i docenti di Scienze della Terra si stanno riducendo drasticamente, con proiezioni al 2018 che indicano un calo sino a circa 900 unità. Per non parlare poi dei programmi scolastici in cui le Scienze della Terra sono in posizione marginale. Perché mentre nel resto d’Europa e del mondo per consentire lo sviluppo economico e sociale delle nazioni si rilanciano i Servizi geologici, In Italia gli si tagliano i finanziamenti utili alla sopravvivenza – ha concluso Graziano – lasciando tra le tante incompiute quella cartografia geologica del territorio nazionale ancora ferma al 40 per

cento di copertura. Come se avessimo un atlante d’Italia che dalle Alpi si ferma alla Toscana o dalla Sicilia raggiunga appena la Campania.
La prevenzione è un fatto prettamente culturale, un atteggiamento virtuoso nei confronti dei limiti della conoscenza, che rende socialmente pronti al manifestarsi di un evento potenzialmente calamitoso. Ma un evento naturale diventa catastrofico, se manca la consapevolezza e se non sono state adottate tutte le misure, ancora una volta culturali prima che materiali, finalizzate alla riduzione del danno”.