di Alessandro Fumia
Uno strepitoso arzigogolamento, di un ecclesiastico che fa domanda e da risposte comode, e svincolate. Quindi una festa che non è festa perchè non legata all’ordinamento pilitico amministrativo della chiesa "canonica" non può dirsi consona con i regolamenti ; ma quando mai questa chiesa segnalata dall’articolista, si è posta in essere, la dove avrebbe voce in capitolo? La chiesa canonicamente parlando sta in mezzo alla gente; è nella sua natura portare fra i reietti il messaggio di Dio. Qui si risponde in politichese con domande adatte alle risposte, senza sindacabilità che le risposte siano rapportate alle domande. Non è una festa perchè non rientra nelle tipologie canoniche. Non appartiene a manifestazioni di fede perchè non regolamentata da una usualità consolidata. Se lo fosse non sarebbe quello che è. Una frase concepita per ricordare cosa significa la manifestazione della Vara per ogni messinese, lo afferma il motto: la Vara è Messina, Messina è la Vara. Sede dell’orgoglio? l’orgoglio è un peccato capitale, solo quando non viene pilotato verso lo IOR. Sede di un culto popolare? La Vara è paganesimo per tanti dottori della chiresa. Solo se non governato dalle autorità ecclesiastiche che notoriamente, raccolgono decime da elargire in beneficenza, come sopra. Insomma, la Vara a Messina, pur annoverando una memoria religiosa secolarizzata non rientra a pieno titolo fra le feste consacrate perchè la chiesa, quella combattuta da san Francesco non riesce a lucrare sull’evento. Ergo, la ricorrenza non può ricorndursi al messaggio della evangelizzazione secondo sportello, non della confessione, ma bancario. Povero monsignor D’Arrigo, tutto lavoro sprecato. Tutte energie perdute, lei che non entra nella stanza dei bottoni, lei che continua a professare il vangelo vecchio stampo, senza barcamenarsi fra leggi, leggine, fra teologi (burocrati) dell’ultima ora, oppure critici che fanno la cresta alle brutte abitudini di questa gentaccia. Stiamo parlando di un organismo, quella della chiesa messinese, secolarizzata su delle consuetudini delle cosidette processioni, riconosciute, a carattere teologico. Riconosciute dalle apposite commissioni. La stessa sindacatura che dà patenti di lecita ricorrenza? Eppure, quando sono venute fuori pubblicazioni che hanno minato dalle fondamenta queste "certezze" la chiesa, quella su esposta dall’articolesta si è guardata bene di estrinsecare la materia, se la processione per esempio della Madonna della Lettera, rientri perfettamente fra quelle legali: pur sapendo che Roma, il Suo Vescovo e la Curia Vaticana non riconoscono questa festa legale. Mai la festa della Madonna della Lettera a Messina, ha ricevuto da Roma l’autorizzazione a mantenere vivo l’inganno a cui ogni anno si presta. Come mai, il relatore non prende partito per quella ricorrenza e lo fa per quella della vara? Da storico ed esperto di etnostoria, (marco il territorio) affermo, che per i credenti le feste secolarizzate a Messina, sono non sacre, ma santissime, guai a metterle in critica. Questo vale per un comune cittadino, come per un fine teologo. Io però con rispetto, nel contributo dell’articolista non ci vedo nulla di teologia, ma molto di burocratico, troppo aggiungerei.