"La proroga di sei mesi, fino al 31 dicembre 2014, annunciata oggi dall’Abi per l’accordo di sospensione dei debiti delle piccole e medie imprese è una buona notizia, ma bisogna fare attenzione e non dimenticare che a beneficiare della sospensione sono anche le banche che eviteranno in questo modo di iscrivere come incagli o sofferenze prestiti che faticano a essere rimborsati". Lo dichiara il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. "Per le aziende è certamente un aiuto, ma gli arretrati, ovviamente, non vengono cancellati perché i prestiti andranno comunque ripagati. Il mercato del credito vive una fase delicatissima e serve una svolta. Il primo aiuto deve arrivare dal governo, magari incentivando ancora di più l’utilizzo dei fondi di garanzia pubblici" aggiunge Longobardi. Secondo uno studio del Centro studi di Unimpresa, basato su dati della Banca d’Italia, negli ultimi 12 mesi, da aprile 2013 ad aprile 2014, sono cresciute del 25% arrivando a oltre 166 miliardi di euro, in aumento di 33,1 miliardi. La fetta maggiore di prestiti che non vengono rimborsati regolarmente agli istituti di credito è quella delle imprese (118 miliardi). Le "rate non pagate" dalle famiglie valgono più di 32 miliardi, mentre quelle delle imprese familiari 14 miliardi. Superano il tetto dei 2 miliardi, poi, le sofferenze della pubblica amministrazione, delle assicurazioni e di altre istituzioni finanziarie. Complessivamente le sofferenze adesso corrispondono all’11,6% dei prestiti bancari, in aumento rispetto al 9,14% di un anno fa. Alla fine del 2010 le sofferenze ammontavano a 77,8 miliardi: in poco più di tre anni, quindi, sono più che raddoppiate. Nello stesso periodo le banche hanno tagliato i finanziamenti a imprese e famiglie per complessivi 30,2 miliardi (-2,08%), ma i prestiti di lungo periodo per le aziende sono andati in controtendenza, salendo di 4 miliardi. In totale le sofferenze sono passate dai 133,2 miliardi di aprile 2013 ai 166,4 miliardi di aprile 2014 (+24,88%) in aumento di 33,1 miliardi. Nel dettaglio, la quota delle imprese è salita da 90,1 miliardi a 117,9 (+30,88%) in aumento di 27,8 miliardi. La fetta relativa alle famiglie è cresciuta da 29,2 miliardi a 32,03 miliardi (+9,44%) in salita di 2,7 miliardi. Per le imprese familiari c’è stato un aumento di 2 miliardi da 12,04 miliardi a 14,05 miliardi (+16,63%). Le "altre" sofferenze (pa, onlus, assicurazioni, fondi pensione) sono passate invece da 1,8 a 2,3 miliardi (+30,99%) con 559 milioni in più.
Parallelamente c’è la serrata dei rubinetti del credito, calati nell’ultimo anno al ritmo di 2,5 miliardi al mese. Da aprile 2013 ad aprile 2014, il totale dei finanziamenti al settore privato è diminuito di 30,2 miliardi di euro passando da 1.458,07 miliardi a 1.427,7 miliardi. Una riduzione che interessa sia le famiglie (-6,7 miliardi) sia le imprese (-23,5 miliardi). Le erogazioni degli istituti di credito sono scese, complessivamente, del 2,08% nell’ultimo anno. Critico il quadro per le imprese: nell’ultimo anno le aziende hanno assistito alla riduzione dei finanziamenti di quasi tutti i tipi di durata. Sono calati i prestiti a breve termine (fino a 1 anno) per 18,9 miliardi (-5,86%) da 324,06 miliardi a 305,07 miliardi, quelli di medio periodo (fino a 5 anni) di 8,4 miliardi (-6,50%) da 130,4 miliardi a 121,9 miliardi, mentre quelli di lungo periodo (oltre 5 anni) sono cresciuti di 3,9 miliardi (+0,99%) da 397,9 miliardi a 401,8 miliardi. In totale lo stock di finanziamenti alle imprese è sceso da 852,4 miliardi a 828,9 miliardi con una diminuzione di 23,5 miliardi (-2,08%). Analoga situazione per le famiglie: in dodici mesi meno credito al consumo per 1,5 miliardi (-2,57%) da 58,6 miliardi a 57,09 miliardi e meno prestiti personali per 817 milioni (-0,45%) da 182,7 miliardi a 181,9 miliardi. Giù anche il comparto mutui casa con le erogazioni degli istituti calate di 4,4 miliardi (-1,22%) da 364,2 miliardi a 359,8 miliardi: il mercato immobiliare, così rilevante per il prodotto interno lordo italiano e per le prospettive di crescita economica, resta dunque privato della liquidità necessaria a ripartire; la contrazione dei finanziamenti non consente al business del mattone di rimettersi sul sentiero della crescita. In totale, lo stock di finanziamenti alle famiglie è calato in un anno da 605,6 miliardi a 598,8 miliardi con una diminuzione di 6,7 miliardi (-1,11%).