di Alessandro Fumia
L’unico passaggio che non ho voluto spiegare in rapporto alla curiosità di padre Sentimentale, segnalata alla fine del suo ultimo articolo – lettera, stabilisce il criterio con cui ho costruito, la mia presa di posizione alle sue affermazioni. Mi riferisco alle norme segnalate dal sacerdote per stabilire cosa significhi processione religiosa. Padre Sentimentale non osserva nella processione della Vara, nessun valore religioso. Aggiunge inoltre, che l’assenza di religiosi nella processione della Vara, propone quella stessa manifestazione mutila, dei necessari requisiti delle processioni religiose. Io ebbi a rispondere in quella occasione (il tono sarcastico è stato frainteso) che non accettavo un simile paragone per la festa della Vara. Segnalando invece, che il clero messinese é presente durante quella festa: la Vara è una ricorrenza storico religiosa. La sua natura di ricorrenza stabilisce una matrice narrativa, e scenografica quanto più verosimile con il passato. Tutto si può migliorare. Ma nel contributo di padre Sentimentale coglievo, una nota di disprezzo verso dei comportamenti ritenuti dal prelato, irriguardosi verso la religione. Ricordo che la festa, perfettibile, negli ultimi dieci anni, stabilisce delle fasi precise in cui l’aspetto cultuale, è stato modellato alle necessità di oggi. Una messa solenne del clero in tutte le sue componenti, viene celebrata da sua eccellenza monsignor La Piana, la sera del 14 agosto ai piedi del grande Carro della Vara. Padre Sentimentale dovrebbe sapere di cosa parlo. Una messa solenne viene celebrata la mattina del 15 agosto e durante i preparativi, imminenti la festa, monsignor D’Arrigo, presidente del comitato vara e cappellano della festa, accompagna per tutto il suo iter la manifestazione. La sera, quando il grande carro giunge in piazza, sempre sotto l’autorità del Vescovo di Messina, i fedeli e gli attori della processione, si raccolgono nel cuore religioso di Messina, la sua Cattedrale. Le segnalazioni esacerbate da Padre Sentimentale viaggiavano da tutt’altra parte. Il suo incalzare condito da omissis e da pause speculari, voleva minare quelle certezze che il popolo riconosce alla ricorrenza, anche in chiave religiosa, quindi processionale. Mi sono permesso di intervenire nel modo in cui sono intervenuto aggiungendo a quella ricostruzione un fatto, storico e metodologico, di approccio al valore di processione; legalmente riconosciuta da un clero quello messinese, che accorpa in se anche aspetti concettuali, sintesi di usualità, di costume che devono comunque essere modellate dalle norme attuative, previste da appositi regolamenti e testi specifici. In quel caso ho voluto sminuire la funzione di giudice, quindi titolare delle ricorrenze, questa volta non teologali, quindi normative, ma consuetudinarie cioè legate a una storia a delle precise ricorrenze. Il clero di Messina partecipa, la dove la processione esprime, in rapporto alla reliquia esposta, il giusto senzo celebrativo, così come viene previsto da norme precise. In questo caso, solo in questa occasione mi sono permesso di limitare questo ruolo in rapporto alla storia; in rapporto a comportamenti consuetudinari fondanti su una memoria errata. La processione della madonna della lettera, la sorella gemella di quella della festa del 15 agosto a Messina di fatto non può essere il contraltare, verso celebrazioni come quella della Vara, perchè essa stessa non bassa le sue fondamenta attuative, su un riconoscimento canonino, di fatto ostativo per fino dalla santa Sede. Quindi se il concetto di padre Sentimentale è quello di osservare nella festa della Vara l’assenza del clero in tutte le sue componenti: ne in anticipo del grande carro e neppure a seguito dello stesso, questa assenza, sminuisce la manifestazione in oggetto nel ruolo di processione religiosa. Voglio in questo momento, in rapporto a quanto detto, che la Vara è una manifestazione storica, che ricorda un costume celebrativo in vigore nel Medioevo e nei secoli successivi. La festa così come è stata concepita 500 anni fa, assumeva un valore scenografico con particolari segnature. Il carro in se è manifestazione di un pensiero religioso. Viene apparato l’immaginario teatro nel quale si inscena l’innalzamento del corpo e dello spirito di Maria, così come si immaginava accadesse nel passato. La Vara in se, ovvero le simbologie che propone, rappresentato l’apoteosi di una festa, che raccoglie e sintetizza, il credere, il comune sentire dei cristiani, i quali esprimono in immagini, il pensiero comunitario di fedeltà alla chiesa. Chi tira si umilia in modo gratuito. Cioè si purifica espiando nel sacrificio volontario dei propri peccati. Nel fare ciò non ottiene nessun godimento matreriale, semmai, offre o crede di farlo un sacrificio espiatorio alla divinità, che tutto vede. Detto ciò, non posso che recuperare il preambolo esercitato dal sacerdote nei miei confronti. Mi riferisco alla sottile allusione "il suo silenzio assordante in rapporto ai fatti di Oppido Mamertino" (non fa onore ne alla sua intelligenza ne all’abito che porta) provare a insinuare quello che voleva provocare nel lettore, associando il mio ruolo di storico vicino alla Vara che condivide, gli stessi valori dei celebranti calabresi che hanno fatto quell’inchino, alla mafia.