Con le scuole chiuse il sabato si risparmiano 100 milioni, ma prof e famiglie sono d’accordo?

Torna lo ‘spettro’ della settimana corta obbligatoria per tutte le scuole: i tagli di alcuni i milioni di euro l’anno imposti degli ultimi Governo ad ogni ente locale stanno costringendo sempre più giunte comunali e provinciali a chiedere agli istituti scolastici di fare lezione per 5 giorni a settimana, quindi solo dal lunedì al venerdì. Una città come Siena, che non ha una presenza di abitanti particolarmente elevata, risparmierebbe 50mila euro solo di mancato trasporto degli alunni nella giornata di sabato: "un risparmio per le casse sempre a secco di palazzo pubblico", ha commentato il quotidiano ‘La Nazione’. “A cui vanno aggiunti quelli, ancora da stimare con esattezza, relativi all’uso dell’elettricità, del riscaldamento e di altre utenze che verrebbe smorzato passando da sei a cinque giorni di scuola”, ha spiegato l’assessore all’istruzione di Siena Tiziana Tarquini.

A fare il calcolo più preciso ci hanno già pensato le Province, che per legge hanno in carico i trasporti e le utenze delle scuole superiori: quella di Pavia ha fatto sapere che sarebbe di mezzo milione di euro l’anno il ritorno economico derivante dal tenere chiuse le scuole tutti i sabati. Fra l’altro, la decisione non basterebbe a far quadrare i conti in rosso, perché, ha detto l’assessore Milena D’Imperi, "il decreto 66 varato dal Governo per le coperture degli 80 euro, e ora divenuto legge, impone alla Provincia di restituire allo Stato 3,5 milioni di euro. Tecnicamente non siamo alla presenza di tagli diretti alla scuola ma, di fatto, siamo chiamati a risparmiare su una serie di voci tra cui le utenze, cioè i costi di riscaldamento e luce, e sui trasporti di collegamento con le palestre".

Considerando che Pavia è una provincia di media grandezza, quindi sufficientemente rappresentativa, il risparmio si potrebbe estendere a tutte le altre 108 province d’Italia. E si arriverebbe ad oltre 50 milioni di euro. E siccome con le scuole chiuse il sabato solo una città come Genova ha calcolato 1 milione di euro di spese ridotte, una cifra analoga la metterebbero da parte anche i Comuni, che in Italia gestiscono le scuole superiori di primo grado. Quindi il ritorno economico si potrebbe stimare in almeno 100 milioni di euro l’anno.

"Viene da chiedersi – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – quanto sia ‘salato’ il prezzo da pagare per questa scelta, derivante non da motivi didattici o logistici ma solo dagli scellerati tagli imposti dal Governo centrale agli enti locali. Prima di tutto perché questo genere di decisioni – l’allargamento o la riduzione del piano di lezioni settimanali – sono per legge di competenza degli organi collegiali, ad iniziare dagli insegnanti. E comunque l’ultima parola spetterebbe ai Consigli d’Istituto delle scuole, di cui fanno parte rappresentanti dei genitori, degli studenti, di tutto il personale scolastico e degli stessi enti locali".

"In secondo luogo – continua Pacifico – la necessità di far quadrare i conti pubblici limando le spese scolastiche va a cozzare con le esigenze delle famiglie italiane, nelle quali oggi lavorano sempre più entrambi i genitori. Ora, se è vero che la maggior parte dei lavoratori ha il sabato libero, è altrettanto vero che milioni di famiglie avrebbero non pochi problemi a lasciare a casa dei bambini 33 giorni in più durante l’anno scolastico: sarebbe un dazio non indifferente. La verità è che con la settimana corta imposta si incide pesantemente sugli stili di vita dei cittadini, senza nemmeno aver pensato ad interpellarli".

Per il sindacato, quindi, una scelta del genere rappresenta un sacrificio che andrebbe ben ponderato. Anche perché il rischio è che si tratti di un ulteriore passo verso un’istruzione pubblica sempre più ridimensionata: “oggi si chiede di ridurre la settimana scolastica in una scuola dove non ci sono più fondi nemmeno per gestire il quotidiano ed il personale viene pagato il 30 per cento in meno dei colleghi europei. Il passo successivo, già avallato dal Ministro, è ridurre di un anno il percorso scolastico”, conclude