Lo sport specchio del Paese: quello che funziona, quello che non funziona. Le istituzioni sportive costituiscono il settore più ampio del non profit italiano, ben 92.838 unità, pari al 30,8% del totale delle istituzioni non profit censite (fonte: Istat, 9° Censimento delle istituzioni non profit).
C’è poi quello che non funziona: sono oltre 24 milioni le persone in Italia che si dichiarano completamente sedentarie, pari a circa il 42% della popolazione. Con una forte disparità tra Nord e Sud, a discapito del Mezzogiorno (fonte: Coni, Lo sport in Italia, numeri e contesto).
I dati di queste due ricerche sono stati presentati e commentati ieri dal Coni, al Foro Italico di Roma. Una presentazione che, visto il legame con il Terzo Settore, poteva prevedere anche la presenza dell’associazionismo di promozione sportiva, per evidenziare le tante esperienze di sport sociale. Visto che, tra l’altro, parliamo del soggetto protagonista di quel 30,8% del terzo settore italiano che si occupa da sempre di sport di cittadinanza e per tutti. Un fenomeno sociale complesso come lo sport meriterebbe, in questi casi, il più ampio coinvolgimento possibile.
“Quando si parla di scuola, di salute e di valori come l’integrazione, ci si richiama a quelle frontiere sociali che l’Uisp e le associazioni sportive di promozione sociale conoscono bene da anni e non scoprono oggi– dice Vincenzo Manco, presidente nazionale Uisp – Per questo esiste una forte articolazione associativa volontaria e un patrimonio di migliaia di associazioni sportive del territorio. Come giustamente certifica l’Istat”.
“Un patrimonio di coesione sociale attraverso lo sport che si è sviluppato nonostante il fatto che nel nostro Paese le risorse siano state destinate per oltre il 95% allo sport di alta prestazione. Speriamo che per il futuro questo rapporto si riequilibri e la lotta alla sedentarietà diventi davvero una priorità nell’agenda politica di questo Paese”.
“Oggi il territorio e i cittadini si autorganizzano e vanno avanti comunque, nonostante la crisi, grazie al valore sociale dello sport – prosegue Manco – costruiscono rapporti con le reti sociali, con i Comuni e le Regoni, con i Ministeri, con i Dipartimento di giustizia, i Centri di Salute Mentale. Un mondo di opportunità di movimento e di sportpertutti che chiama lo Stato a precise responsabilità, che da quei dati non risultano”.
“Ecco cosa intendiamo quando nel Consiglio nazionale del Coni spingiamo per aprire gli Stati generali della cultura sportiva. Lo sport sociale è responsabilità di una pluralità di soggetti istituzionali e del privato sociale. Occorre agire e non fermarsi alle considerazioni parziali, che rischiano di apparire autoreferenziali o velleitarie. Occorre un nuovo Regolamento degli Enti di promozione sportiva, come chiediamo da tempo, che sposti più in alto l’asticella della trasparenza e della certificabilità e consenta al Coni di valutare meglio le attività svolte. Non è questa l’occasione che il Coni chiede? Su questo si mostri il coraggio necessario”.
“Se nel nostro paese non si apre una nuova stagione dello sport – conclude Manco – non riusciremo ad incidere in modo significativo sulla diminuzione dei sedentari, motivo per il quale sarebbe interessante conoscere i dati relativi al progetto sull’alfabetizzazione motoria viste le risorse impegnate dal Coni e dal Miur”.