Siamo un po’ abituati, specialmente negli uffici che ricevono diverse raccomandate, a vedere postini di diversi gestori postali che, anche più volte al giorno, ci portano le lettere da firmare e, anche, lettere ordinarie che vengono messe in cassetta dagli stessi gestori non PT. E pensiamo che questa sia la liberalizzazione, cioè qualcosa che dovrebbe servire a far abbassare i costi e migliorare la qualità del servizio. Dovrebbe… per l’appunto. Perchè la realtà è un’altra: costi che aumentano, distribuzione discontinua e deficitaria del servizio cosiddetto universale (appannaggio delle PT spa) (le bollette che arrivano dopo la scadenza del pagamento, sono, nella maggior parte dei casi, responsabilità delle Pt), uffici Pt da incubo per chi è costretto a andarci. Tutto questo mentre le Poste spa riescono a trovare soldi per mantenere in vita la comatosa Alitalia e sventaglia bilanci in netta ripresa rispetto agli anni precedenti.
La vittima, come sempre, è l’utente finale dei servizi.
Ma perche’ accade tutto questo? Hanno forse ragione coloro che hanno gridato allo scandalo quando le Poste, da ente pubblico economico, sono diventare una societa’ per azioni. Puo’ anche darsi, ma non lo possiamo dire in assoluto, perche’ il bubbone delle liberalizzazioni nel nostro Paese e’ che vengono fatte per finta, e gli abusi di posizione dominante da parte dei vecchi carrozzoni di Stato diventate spa, sono all’ordine del giorno. Quindi, per sostenere che la liberalizzazione non e’ funzionale a qualita’ ed economicità per gli utenti, occorre che si sia di fronte a liberalizzazioni a tutto tondo, ma così non è.
Nel caso delle Poste spa (e non solo) il fatto che il controllo del capitale azionario sia saldamente nelle mani pubbliche e’ il primo grosso scoglio (controllore e controllato come unico soggetto, non e’ il massimo della trasparenza e della funzionalita’). Ma come se non bastasse ci si mette anche il nostro apparato burocratico e giudiziale a dar man forte perche’ la finta liberalizzazione continui ad esser tale. E’ dello scorso 6 giugno, sentenza n.12777, che la Cassazione ha ritenuto che Poste spa non debbano pagare l’imposta dei rifiuti come una qualunque azienda privata, ma devono usufruire delle agevolazioni tipiche della pubblica amministrazione: per i giudici con l’ermellino questa imposta va considerata in base alla destinazione dei locali (servizio “universale”) e non al soggetto che utilizza le superfici.
Domanda: come si fa a fare concorrenza a chi gode di simili privilegi? Non e’ questo, pur con tanto di imprimatur degli ermellini, un abuso di posizione dominante da parte di Poste spa nei confronti dei propri concorrenti? Noi, nel frattempo giriamo il nostro quesito all’Antitrust, ma non possiamo esimerci dall’evidenziare che un Paese con questi arzigogoli giudiziali e normativi, non ci stupisce che “rimanga al palo” o regredisca. La cura degli interessi dei soliti privilegiati (di Stato o meno che siano, poco importa) non è certo foriera di ricchezza e lavoro diffuso.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc