Nel testo “Il libro segreto di Papa Ratzinger”, Newton Compton editori (2013), Simone Venturini, scrive che il Papa Ratzinger avrebbe lasciato il pontificato non tanto perché era anziano, ma perché “era conscio che la sua debolezza avrebbe potuto compromettere l’adeguato adempimento della funzione che secondo me è la più importante in questa fase della storia della Chiesa e che riguarda la lotta fra la Chiesa e il mistero del male”. Benedetto XVI è un uomo realista e consapevole che non sarà possibile invertire l’attuale corso della storia umana, segnato ormai da un generale distacco dalla fede in Dio e da una corrispondente autoesaltazione dell’uomo. Inoltre il mistero del male si è insinuato anche all’interno della Chiesa, infatti Venturini fa riferimento a un dossier che il cardinale Herranz ha consegnato al papa che probabilmente descrive una situazione di persone “tutte dedite a se stesse e miseramente ripiegate sui propri interessi”. Qui non si fa riferimento alla normale fragilità umana, che è sempre esistita nella Chiesa: accanto al fedele e puro Giovanni, c’era il controverso e peccatore Pietro. “Parlo della falsità di chi, dietro una maschera di generale impeccabilità, nasconde invece una realtà umana bene diversa: questi sono i falsi profeti che la Bibbia definisce anche anticristi e che sono al servizio del mistero dell’iniquità”. Pertanto, secondo Venturini, Benedetto XVI, “non è preoccupato solo dei peccati della Chiesa, ma soprattutto della sporcizia che lui definisce anche come superbia e autoesaltazione di sé, radice di quegli atteggiamenti che più volte ha severamente criticato: carrierismo, ricerca del prestigio personale, della posizione (…) Unitamente a questi aspetti, la superbia porta anche a una grande diffidenza nei confronti degli altri, a coltivare uno spirito di antagonismo, di rivalità fino a giungere al complotto e alla menzogna”. Insomma, certi collaboratori del papa, si comportano allo stesso modo di certi uomini di potere del mondo.
Un testo dove studia i momenti difficili che sta attraversando la Chiesa, sballottata dalle onde e che talvolta sembra essere sommersa dai flutti delle acque, è quello di Roberto de Mattei, “La Chiesa fra le tempeste”, Sugarcoedizioni (Milano, 2012).
Il professore romano nell’introduzione al suo testo, per descrivere il momento difficile che sta attraversando la Chiesa e il mondo, accenna a Benedetto XVI che utilizzando la metafora applicata da san Basilio al post-concilio di Nicea, ha paragonato il nostro tempo a una battaglia navale notturna nel mare in tempesta e nell’omelia per la festa dei santi Pietro e Paolo, il 29 giugno 2006, ha descritto la navicella della Chiesa come “squassata dal vento delle ideologie”, ma inaffondabile e sicura nel suo cammino.
“Ci sono venti furiosi che soffiano dall’esterno, come il massacro dei cristiani in Oriente e la persecuzione laicista in Occidente – scrive De Mattei – Ma le tempeste più terribili sono quelle che vengono dall’interno stesso della Chiesa”. Tra le varie crisi aperte, c’è lo scandalo della pedofilia del clero, enfatizzate dai mass-media oltre la loro reale portata, ma c’è un altro scandalo ben più grave per De Mattei, ed è quello “della ribellione dei sacerdoti centro-europei, promossa da organizzazioni come ‘Noi siamo Chiesa’, teorizzata dal teologo svizzero Hans Kung, autore di un pamphlet dal titolo ‘Salviamo la Chiesa’, in cui si contrappone direttamente a Benedetto XVI (…)”. In questo libro che ricorda gli opuscoli incendiari di Lutero, Kung estende i temi di una lettera rivolta nel 2010 ai vescovi di tutto il mondo, dove li incita a una ribellione verso Benedetto XVI, che secondo lui ha mancato di accogliere lo “spirito del Concilio Vaticano II”. Kung invita ad agire concretamente rompendo contro la Chiesa, in particolare sul problema del celibato dei preti, una norma medievale. De Mattei, inoltra cita l’omelia pronunciata da Benedetto XVI il 6 aprile 2012 dove non ha fatto una generica denuncia nei confronti dell’appello sottoscritto da quattrocento sacerdoti austriaci, che chiedono tra l’altro il sacerdozio femminile, l’abolizione dell’obbligo sacerdotale, la comunione per i divorziati risposati. Questa denuncia non è un episodio di indisciplina isolato, ma l’adesione ad errori ed eresie. Quasi uno scisma potenziale. Certo la storia della Chiesa è piena di scismi, di eresie, di persecuzioni, che hanno compromesso la sua unità. Per De Mattei, il sacerdote dovrebbe sempre ripetere con il Vangelo: “la mia dottrina non è mia” (Gv 7,16). “Non annunciamo teorie ed opinioni private, ma la fede della Chiesa della quale siamo servitori”, afferma Benedetto XVI, riconoscendo nella disobbedienza, non una conformazione a Cristo, che è il presupposto di ogni vero rinnovamento, ma come qualcosa che intende trasformare la Chiesa secondo i nostri desideri e le nostre idee. Kung vuole trasformare la Chiesa e quindi addirittura è arrivato a definire “scismatico” il papa, se si accordava con i tradizionalisti della Fraternità di San Pio X, questo avrebbe significato, secondo l’eretico svizzero, un ritorno alla Tradizione, da cui il Concilio Vaticano II ci ha definitivamente separato. Purtroppo per De Mattei, “l’appello alla disobbedienza, amplificato dai mass-media, si fa però ogni giorno più esteso”. Le idee di Kung, nonostante la revoca dell’autorizzazione a insegnare come teologo della Chiesa, “sono viste con simpatia da numerosi vescovi, persino all’interno della Curia romana”. Secondo De Mattei, in Italia i “dioscuri”, quelli che si richiamano più o meno apertamente alle teorie di Kung sono Enzo Bianchi, priore di Bose, e Alberto Melloni, segretario della Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII di Bologna. Tra l’altro Bianchi e Melloni hanno sottoscritto quel manifesto pubblico di dissenso verso Giovanni paolo II sottoscritto nel 1989 da sessantatrè esponenti della teologia e della cultura, ben radicati nelle istituzioni ecclesiastiche. Questi affermavano che il Concilio rappresenterebbe una svolta radicale rispetto al passato, e la Chiesa ora non poteva farsi condizionare da una mentalità mondana di privilegio. Da notare che questi novatori associavano la democratizzazione della Chiesa all’allargamento della sua morale. Oggi chi mette sotto accusa il Papa e le gerarchie ecclesiastiche è convinto che la decadenza morale del clero, in riguardo agli abusi di pedofilia, sia colpa del celibato dei sacerdoti e della “repressione” cattolica della sessualità. Pertanto, Kung e compagni auspicano il matrimonio dei sacerdoti e dei vescovi. Invece per De Mattei la crisi che identitaria dei religiosi è colpa proprio della “nuova teologia” del post-concilio, che rifiuta la morale tradizionale per far propria la teologia della secolarizzazione. Lo stesso Benedetto XVI, nella sua “lettera ai cattolici di Irlanda”del 19 marzo 2010, ricorda che negli anni sessanta del Novecento fu “determinante (…) la tendenza, anche da parte di sacerdoti e religiosi, di adottare modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo”. Sempre nella stessa lettera Benedetto XVI auspicava un’autentica riforma della Chiesa, appellandosi “agli ideali di santità, di carità e di sapienza trascendente che nel passato resero grande l’Europa e che ancora oggi possono rifondarla”. Attingendo alle ricchezze della grande tradizione religiosa e culturale. Il libro del professore De Mattei intende evidenziare che la crisi attuale della Chiesa “non nasce dal modello di vita, che la Tradizione ci consegna, ma dall’allontanamento da esso. Tutti gli eretici nel corso dei secoli hanno sempre propugnato pesudo-riforme della Chiesa. Mentre, “l’unica vera riforma è quella di riscoprire la Tradizione, che non è altro che il perenne insegnamento di Cristo, e viverla con coerenza, come hanno fatto i santi. Nelle epoche difficili della Chiesa sono stati i santi, non gli eretici, a salvarla”. E’ veramente bello il riferimento che fa de Mattei a Santa Teresina del BambinoGesù, a proposito delle molteplicità delle vocazioni che la santa vorrebbe abbracciare. La santa si sentiva tra le tante vocazioni quella del guerriero, il coraggio del crociato, dello zuavo, “vorrei morire su un campo di battaglia per la difesa della Chiesa”. Certamente le parole di santa Teresina costituisco un manifesto di fede da contrapporre a quello dei ribelli di “Noi siamo Chiesa”.
DOMENICO BONVEGNA
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