di Lisa Bachis
L’offensiva della coalizione contro i militanti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil) si è fatta più dura. Gli Stati Uniti hanno lanciato un’offeniva aerea in grande stile, con la partecipazione di cinque paesi arabi: Arabia Saudita, Giordania, Bahrain, Qatar e Emirati Arabi Uniti. Il Presidente americano Barack Obama, ha ringraziato i suoi alleati in quest’operazione, che ha come obbiettivo quello di eliminare tutte le postazioni sensibili dell’Isil in Siria e in Iraq. Nonostante sembra non sia stata chiesta l’autorizzazione ufficiale alla Sira per poter condurre l’azione aerea, il governo retto da Bashar al-Assad afferma di esser stato informato prima dell’attacco attraverso il canale iracheno e lo stesso Bashar ha affermato che «qualunque intervento contro i terroristi è il benvenuto». I raid hanno colpito in particolare la zona di Raqqa dove a esser stato centrato, sarebbe il quartier generale dell’Isil a nord della Siria, altri obiettivi distrutti, sono stati magazzini, basi per l’addestramento militare e veicoli. Barack Obama prima dell’Assemblea Generale dell’Onu ha detto che l’azione era diventata necessaria perché si aveva certezza anche di un attacco terroristico in America, organizzato da estremisti vicini ad al-Qaeda e nei territori siro-iracheni, attacchi mirati sono stati condotti contro il gruppo Khorasan, vicino all’organizzazione e in piena operatività per coordinare atttentati contro l’Occidente. Le fonti dicono che ci sarebbero già una cinquantina di morti tra le fila dei miliziani e Obama ha sottolineato la necessità di un’azione di lunga durata dove sono stati già impiegati aerei da combattimento, droni e lancio di missili Tomahawk.
La situazione interna ai territori iracheni e siriani è divenuta ingestibile. L’esercito regolare iracheno da solo non riusciva più a contrastare l’avanzata degli estremisti, bene organizzati e in continua fase di reclutamento anche nei paesi occidentali. Il sostegno da parte dei Peshmerga curdi, che stanno agendo capillarmente sul territorio per arginare i jihadisti, non ha evitato continue azioni violente contro le popolazioni locali e dirette al genocidio delle minoranze sciite, cristiane e yazide. L’Isil ha poi alzato la posta in gioco con l’uso di ostaggi occidentali, reporter, appartenenti ad organizzazioni umanitarie e la loro pubblica esucuzione, tramite la decapitazione e la diffusione video sulla rete, lanciando messaggi alle potenze del mondo insieme ai video di propaganda diretti a fomentare la rabbia dei proseliti, e chiamarli a combattere per la giusta causa del Califfato e di quello che è visto come l’autentico Islam.
La comunità internazionale ha assunto posizioni differenti. Gli Stati Uniti, insieme ai cinque paesi arabi hanno allargato il fronte della guerra ed è probabile che anche altri stati arabi si aggiungeranno all’offensiva contro l’Isil. Ma gli alleati storici della Siria, come l’Iran non hanno gradito la missione condotta dagli americani perché non avrebbe avuto il via ufficiale da Damasco né l’autorizzazione Onu. La medesima dichiarazione è giunta dall’altro alleato siriano, la Russia, che ha sottolinetao il dissenso con la comunicazione di un’esercitazione militare, diffusa dal giornale “Russia Today”, dove nella parte orientale del paese ci sarebbero 100 mila soldati, 1.500 carri armati, 5.000 mezzi bellici e 70 navi da guerra pronti ad interventi contro quelle che verranno ritenute gravi violazioni della sovranità siriana. La Russia ha una base militare in Siria, a Tartus, ed è l’unico sbocco veso il Mediterraneo, perciò un aggravarsi della situazione dove gli Stati Uniti diventano più “incisivi”, viene considerato molto rischioso. L’Iran, d’altra parte, non vuole perdere la sua alleanza con i siriani con i quali combatte i ribelli all’interno del governo e le eccessive aperture verso l’Occidente sono ritenute “offensive”. Infatti, la scelta della casa Bianca di equipaggiare i ribelli siriani di parte moderata, andrebbe a colpire non solo l’Isil ma anche il governo siriano e per effetti analoghi avrebbe ripercussioni anche in Iran. Inoltre, con questo braccio di ferro tra Russia e Iran contro gli Stati Uniti, la guerra siro-irachena, richia di dare conferma alle parole di Papa Francesco, che qualche mese fa, aveva parlato di “una Terza Guerra Mondiale combattuta a pezzi”.
Intanto, l’Unione europea ha dato piena disponibilità a dare 215 milioni di euro alla Siria e ai paesi vicini. L’annuncio è stato dato dalla commissaria europea alla Cooperazione, Kristalina Georgieva, durante i lavori all’Onu. I finanziamenti serviranno a sostenere gli aiuti umanitari e lo sviluppo economico nel lungo periodo e fornire ulteriori aiuti alle migliaia di profughi, che in questi ultimi giorni, hanno trovato rifugio in Turchia.
I miliziani dello Stato islamico, invece, non hanno dato segnali di timore, rilanciando attraverso nuovi messaggi il loro spirito alla lotta e affermando che l’America e i suoi alleati, si “stanno imbarcando in una terza Guerra del Golfo”, sotto gli infausti presagi di scenari poco rassicuranti.