Migranti: le parole pompose non salvano vite

di Roberto Malini

Da quanti anni la Commissione Diritti Umani del Senato italiano, dopo le ispezioni, spende parole di indignazione per la condizioni di vita dei trattenuti nei Cie? E da quanti anni alle parole, che blandiscono le istituzioni europee, non seguono miglioramenti e tutto procede nello stesso scandaloso modo, sulla pelle dei migranti? L’impegno dei difensori dei diritti umani deve raddoppiare, per evitare che i discorsi che ci raggiungono come un’eco tragica dai "sepolcri imbiancati" coprano con i loro suono ipnotico le grida che chiedono vita, dignità, rispetto dei diritti umani. Da quanti anni Italia e Unione europea mettono in atto operazioni di pattugliamento delle coste, spacciandole per programmi di difesa dei profughi e dei migranti? Frontex, Mare Nostrum e adesso Triton, Mos Maiorum… Parole pompose, che risuonano nei palazzi come promesse. Ma sulle coste e nelle acque in cui si svolgono i viaggi della speranza si soffre, si è perseguitati, si muore. Siamo chiamati a vigilare e amplificare le voci delle vittime, non facendo uso di nomi in codice, ma di parole che rappresentano la verità: soccorso, solidarietà, accoglienza, giustizia. Non abbandoniamo chi fugge da povertà, persecuzioni e guerre. Impegniamoci perché non trionfi la ragione dei politici e dei burocrati, che è ragione di odio, indifferenza, opportunismo, ipocrisia.