La vie en rose: guardando la tivvù sembra che in città vada tutto a gonfie vele. Se non fosse per la pagnotta sempre più salata, per i criminali che giocano al bersaglio con i cittadini (rapine, furti, atti vandalici) e per i soliti furbetti. E oggi anche per colpa del pallone, sempre più in basso come la nostra rivoluzione politica. Però noi siamo tra quei birbanti che lavorano nell’ombra per sabotare l’impeccabile operato del sindaco Accorinti. Pagliuzze che infangano lo scenario idilliaco del SISTEMA Messina. Fatto di veline e paladini, esperti diversamente bravi e teatro. Epperò, purtroppo, indietrononsitorna! Tutto scorre nella città dei Baroni camuffati da rivoluzionari. L’inizio è rigorosamente riservato agli amministratori che usano i giornalisti come microfoni umani. E parlano a ruota libera di ciò che preferiscono. È un tema libero. La traccia c’è, ma non è vincolante. Subito dopo la cronaca, il bollettino di guerra dalle strade: ubriachi, cocainomani, prostitute e clienti. Tutti riuniti nel complotto contro la tranquillità del cittadino medio. Abbiamo cacciato lo sport vincente e ci siamo abbracciati i venditori di fumo. Quindi è tutto normale in un luogo senza regole né meriti: dallo stupro alla vecchietta scippata e se ci scappa un po’ di pedofilia o di bullismo che volete che sia… indietrononsitorna. Ci mancherebbe. Per la prima volta, qualcuno in questi giorni ha accennato alla recessione economica. Siamo nei guai, in buona compagnia, ma siamo nei guai. Le tasche sono vuote. Ma è meglio non inquadrare la cosa nel suo contesto. Parliamone, ma sottovoce. Prendiamocela con la filiera produttiva, con il grossista, con i supermercati, con i dipendenti pubblici, con i Tir, i servizi asociali, la cultura che aiuta i raccomandati (vedi concorsi e assunzioni). A piacere, possiamo puntare il dito contro chi vogliamo. Pur che non venga a galla che se il prezzo dei pomodori sotto casa è raddoppiato in un anno la colpa non è solo del fruttivendolo usuraio. Non è retorica: la rivoluzione dal basso ci sta drogando di falsi miti. La mafia è stata sostituita dai delinquenti locali. I capi clan più pericolosi sono diventati nella fiction nostrana delle pecorelle mansuete. L’uomo nero non è poi così malvagio come sembra. E il problema dei precari sta diventando un problema fra precari. E se il teatro non funziona la colpa è dell’orchestra che non suona la melodia giusta non di chi gestisce la struttura. Piuttosto che dire che c’è emergenza disoccupazione (e usare per una volta la parola emergenza a proposito), si preferisce far credere che siano i lavoratori con i loro comportamenti irrazionali il cancro del Teatro. È effetto nebbia. Che partorisce un’opinione pubblica diversamente informata. Come reagirebbe la gente se in città passassero anche delle notizie? Altro che lotta ai Tir o striscia ciclabile. Basta con la fuffa della rivoluzione. Vogliamo tornare indietro e cacciare questi somari!