Non ci saranno effetti negativi per le micro imprese dal cosiddetto Tfr in busta paga. La misura inserita dal governo nella legge di stabilità per il 2015 non è di carattere obbligatorio, ma volontario, cioè scatterà solo sulla base della richiesta dei lavoratori. Ne consegue che per le aziende più piccole, quelle fino a 15dipendenti in particolare, non ci saranno impatti problematici legati alla norma sul trattamento di fine rapporto: ciò perché nelle realtà imprenditoriali minori esiste un rapporto stretto, per non dire familiare, tra i datori di lavoro e i loro dipendenti. Le parti di fatto non sono contrapposte e, al contrario, concordano qualsiasi scelta rilevante per i bilanci aziendali. Per cui in caso di difficoltà sul versante della liquidità, il Tfr non sarà toccato. Questa la valutazione del Centro studi di Unimpresa in relazione alla norma sul trattamento di fine rapporto contenuta nel disegno di legge di stabilità licenziato ieri dal consiglio dei ministri.
Diverso, invece, il discorso per le aziende con numero di lavoratori da 16 a 50: in questa fascia il quadro cambia, anche per quanto riguarda le norme sulle relazioni industriali e le rappresentanze sindacali. Nelle aziende che hanno tra 16 e 50 dipendenti, accordi e intese, anche non formali, tra datori e addetti sono meno semplici da realizzare, per cui qualche problema di liquidità, per le imprese i cui dipendenti faranno massiccia richiesta di ricevere il tfr con le buste paga mensili, si registrerà.
"L’impianto della manovra – commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi – può in ogni caso considerarsi positivo. Penso, in particolare, agli sgravi contributivi triennali per i neo assunti. Tuttavia, ci teniamo a insistere su un punto cruciale: la riduzione delle tasse non può fermarsi con le norme sull’Irap, ancorché apprezzabili, ma deva proseguire incessantemente. Di più: l’abbattimento della pressione fiscale, per le famiglie e per le imprese, diventi l’ossessione del governo guidato da Matteo Renzi".