La CGE boccia il regime fiscale italiano sulle vincite conseguite a poker

La Corte di Giustizia Europea boccia la normativa italiana che tassa le vincite da giochi d’azzardo ottenute in altri Stati membri, mentre non assoggetta a alcun prelievo fiscale le stesse vincite realizzate nel proprio territorio nazionale. Secondo la Corte – che si è pronunciata oggi sui casi Blanco e Fabretti -tale restrizione – segnala Agimeg – non è giustificata dalla lotta contro il riciclaggio di capitali e la italiana restringe la libera prestazione dei servizi ludopatia. In Italia, le vincite realizzate in case da gioco sono assoggettate all’imposta sul reddito, le vincite realizzate in case da gioco situate in Italia sono esonerate da tale imposta, in quanto la ritenuta sulle vincite corrisposte da tali stabilimenti è compresa nell’imposta sugli intrattenimenti. Pertanto, per le persone residenti in Italia, soltanto le vincite ottenute in case da gioco situate all’estero entrano nella base imponibile dell’imposta sul reddito. L’amministrazione tributaria italiana contesta ai sigg. Cristiano Blanco e Pier Paolo Fabretti l’omessa dichiarazione di varie vincite ottenute in case da gioco all’estero. Essi sostengono che gli avvisi di accertamento emessi nei loro confronti violano il principio di non discriminazione, dato che le vincite realizzate in Italia sono esenti da imposta. Le autorità italiane affermano per parte loro che la normativa nazionale mira a prevenire il riciclaggio di capitali all’estero e a limitare le fughe all’estero o (le introduzioni in Italia) di capitali di origine incerta. Investita della controversia, la Commissione tributaria provinciale di Roma chiede alla Corte di giustizia: se una normativa nazionale possa assoggettare all’imposta sul reddito le vincite da giochi d’azzardo realizzate in altri Stati membri, mentre quelle conseguite nelle case da gioco nazionali non subiscono tale prelievo (esistenza di una restrizione della libera prestazione dei servizi), e se dei motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica consentano di giustificare tale diversità di trattamento (esistenza di una giustificazione alla restrizione).
Nella sua sentenza odierna, la Corte giudica che, esonerando dall’imposta sul reddito soltanto le vincite da giochi d’azzardo realizzate in Italia, la normativa italiana ha istituito un regime fiscale differente a seconda che le vincite siano ottenute in questo o in altri Stati membri. Essa rileva che una siffatta diversità di trattamento fiscale dissuade i giocatori dallo spostarsi e dal giocare a giochi d’azzardo in altri Stati membri. Il fatto che i prestatori di giochi stabiliti in Italia siano assoggettati all’imposta sugli intrattenimenti non toglie alla normativa italiana il suo carattere manifestamente discriminatorio, in quanto tale imposta non è analoga all’imposta sul reddito della libera prestazione dei servizi. Ne consegue che la normativa italiana comporta una restrizione discriminatoria
Nel caso di specie, la Corte rileva, in primo luogo, che le autorità di uno Stato membro non possono validamente presumere, in maniera generale e senza distinzioni, che gli organismi e gli enti stabiliti in un altro Stato membro si dedichino ad attività criminali generalizzata dal beneficio dell’esenzione disposta dall’Italia va al di là di quanto è necessario per lottare contro il riciclaggio di capitali.
In secondo luogo, non è coerente per uno Stato membro intenzionato a lottare contro la ludopatia, da un lato, tassare i consumatori che partecipano a giochi d’azzardo in altri Stati membri e, dall’altro, esonerarli allorché prendono parte a giochi d’azzardo in Italia. Infatti, una tale esenzione può avere come effetto di incoraggiare i consumatori a prendere parte ai giochi d’azzardo e non è dunque idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo suddetto. La Corte conclude che una simile discriminazione non è giustificata.