Big Bang …& Papa Francesco

di ANDREA FILLORAMO

Con il termine Big Bang i cosmologi, che seguono la teoria dell’”evoluzionismo”, si riferiscono generalmente all’idea che l’universo iniziò a espandersi a partire da una condizione iniziale estremamente calda e densa e che questo processo di espansione sia durato per un intervallo di tempo finito e continua tuttora. Del big-bang parla Papa Francesco in un discorso rivolto alla Pontificia Accademia delle Scienze, quando afferma “Il Big-Bang, che oggi si pone all’origine del mondo, non contraddice l’intervento creatore divino ma lo esige. L’evoluzione nella natura non contrasta con la nozione di Creazione, perchè l’evoluzione presuppone la creazione degli esseri che si evolvono". "Dio – ha sottolineato – non è un demiurgo o un mago, ma il Creatore che dà l’essere a tutti gli enti. L’inizio del mondo non è opera del caos che deve a un altro la sua origine, ma deriva direttamente da un Principio supremo che crea per amore". Presso i cattolici questa tesi del papa non è nuova ma, a parer mio, acquista solennità perché pronunciata e sostenuta esplicitamente da un pontefice, che ribadendo la tesi creazionistica, cioè che sia stato Dio a creare dal nulla l’universo e che ci sia un artefice divino all’inizio dello spazio e del tempo, sostiene che essa non sia in contrasto con la teoria del big-bang. Papa Francesco rende esplicito un pensiero già espresso dal suo predecessore Joseph Ratzinger, in “Fede nella creazione e teoria dell’evoluzione”, in cui si legge: “Davanti alla questione fondamentale irrisolvibile dalla stessa teoria dell’evoluzione – se comandi l’insensatezza o il senso – la fede esprime la convinzione che il mondo nella sua interezza, come dice la Bibbia, venga fuori dal logos, cioè dal senso creatore, e rappresenti la forma contingente del suo proprio compimento […] Il riconoscimento del mondo in divenire come autocompimento di un pensiero creatore racchiude il suo ricondurre alla creatività dello spirito, al Creator Spiritus”. E’ indubbio che il “cambiamento di rotta” della teologia cattolica che si è confrontata con la teoria evoluzionistica, sostenendo per molto tempo che “evolutionismus reiciendus est” avviene tardivamente, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II. Non poteva, del resto, essere altrimenti. Per comprendere l’inevitabilità di questo cambiamento, partiamo da una semplice osservazione: la scienza moderna è nata in Europa, e non altrove e in Europa e non altrove esisteva il concetto di creazione. Solo il cristianesimo, infatti, si fonda sull’idea che il mondo non coincida con Dio, ma sia, semplicemente, una creatura. Si tratta di una idea fondamentale, perché libera l’universo da presenze divine immanenti, spirituali, che portano ad una visione magica ed astrologica della realtà, e che rendono impossibile la nascita del concetto di legge fisica. Per i greci, i romani, gli animisti ecc., l’universo è un "grande animale", un’entità eterna, mai nata e destinata a esistere per sempre, secondo una visione ciclica del tempo. Il tempo ciclico o concezione circolare vede l’universo come un continuo prodursi e disfarsi, in sequenza eterna e infinita. Nella civiltà greca (come in quella romana), il tempo è vissuto come ordine misurabile del movimento, ossia come misura del perdurare delle cose mutevoli e come ritmica successione delle fasi in cui si svolge il divenire della natura. Solo l’universo cristiano non coincide con Dio, ma ha iniziato a esistere nel tempo, un tempo lineare, regolato da leggi fisiche poste in essere da un Creatore, inteso come Legislatore supremo, "divino Artefice", come scriveranno Copernico e Keplero. Quest’idea è talmente importante nella storia della scienza che proprio da essa nascono, già nel medioevo, una serie di riflessioni cosmogoniche straordinarie. Faccio riferimento soltanto a Roberto Grossatesta, un vescovo legato alla scuola francescana di Oxford, che in Italia è purtroppo pressoché sconosciuto. Grossatesta, filosofo inglese( 1167-1253 ) grande studioso di lenti, di specchi, e dei fenomeni della luce in genere, tanto da essere considerato uno degli inventori degli occhiali, pone al centro della sua fisica e metafisica, appunto, la dottrina della luce, nonché il concetto di illuminazione da essa derivato che egli applica alla conoscenza. Egli propone, forse per primo, una straordinaria ipotesi: che il mondo, cioè, sia nato da una sorta di puntino piccolissimo di luce-energia, posto in essere dal Creatore, ed espansosi sino a formare l’universo intero. Grossatesta parte dal "Fiat lux" del Genesi, e dalle sue osservazione di ottica, per affermare che la luce, prima creatura, "è capace per natura di moltiplicare se stessa in ogni direzione. La luce, infatti, generando si moltiplica in ogni direzione, e, insieme con l’esistere, genera. Per questo riempie immediatamente ogni luogo circostante". Spiega, inoltre, che la creazione della luce è anche l’origine di moto, tempo e spazio: il moto della luce crea lo spazio, e il rapporto tra moto e spazio dà vita al tempo. Moto, tempo e spazio, non sono, quindi, degli assoluti, ma dei relativi, che hanno iniziato ad esistere, in un istante di tempo che "dà inizio al tempo", non "continuazione del passato verso il futuro, ma solo inizio del futuro". Nelle sue riflessioni, a metà tra lo scientifico e il filosofico, Grossatesta arriva quindi a negare l’esistenza di una materia eterna, teorizzata a esempio nel Timeo platonico, e a sostenere che il moto degli astri non solo non abbisogna di anime astrali, ma neppure di intelligenze motrici, essendo il mondo materiale non un "grande organismo" vivente, ma una "mundi machina", una macchina del mondo, regolata, come ogni meccanismo, da precise leggi intrinseche. Egli, quindi, fa coesistere, grazie all’azione della luce, il creazionismo con il meccanicismo. La luce è la forma prima nella materia prima creata; può quindi essere delineato il successivo costituirsi del cosmo come sistema autoproducente senza l’ulteriore intervento del Creatore". Grossatesta, quindi, con la sua teoria della luce, può essere considerato il precursore dell’odierno “Big Bang”. Una teoria, quella del Grossatesta, che fu ripresa da Galileo Galilei in una lettera del 1615 a mons. Pietro Dini, in cui partendo dal fiat lux del Genesi, ipotizzava appunto l’origine dell’universo da un punto di luce energia. La teorizzazione moderna di questa possibile origine del cosmo si deve però al gesuita Lemaitre, ideatore dell’"atomo primordiale". E non manca ancora oggi chi considera questo modello con un certo sospetto, per la sua somiglianza appunto con un ‘atto di creazione’ . A ben vedere infatti il Big bang, così chiamato con disprezzo dal fisico ateo Sir Fred Hoyle, che lo considerava "troppo cristiano", è una teoria perfettamente compatibile con la fede, in quanto presuppone, come notava Grossatesta, un mondo originatosi dal nulla, in cui moto, spazio e tempo hanno iniziato a esistere e potrebbero un giorno scomparire. L’universo, la vita, gli esseri umani: tutto questo non può essere venuto fuori per caso, e il perché è estremamente semplice: non ci sarebbe stato il tempo. Quindici miliardi di anni, quelli che ci separano dal Big Bang, non sarebbero bastati.