E’ un rito. Per gli italiani il caffè al bar è un culto, è altro rispetto a quello fatto in casa. Così ogni giorno nel nostro Paese si consumano 80 milioni di tazzine di caffè espresso che, a una media di 0,90 euro a tazzina, fanno un giro di affari giornaliero di 72 milioni di euro. Un successo per una bevanda che la leggenda narra essere stata offerta dall’Arcangelo Gabriele a Maometto II. Leggenda a parte c’è ovviamente caffè e caffè e al bar le informazioni sono piuttosto carenti. Abbiamo rivolto ai baristi una semplice domanda: cosa c’è dentro la tazzina di caffè? La risposta è stata altrettanto semplice: caffè! Non intendevamo certo conoscere la composizione chimica della “nera bevanda”, ma sapere se la polvere era costituita dalla varietà Arabica o da quella Robusta, o da una miscela di entrambe e in quale percentuale. La scelta, oltre che di gusto, è economica, riguarda cioè il prezzo. La varietà Arabica proviene dal centro-sud America, è la più pregiata e quindi la più costosa, oltre a essere più aromatica e contenere meno caffeina. La Robusta proviene dall’Africa e dall’Asia, ha un gusto piu’ amaro, contiene piu’ caffeina e soprattutto costa di meno. Utilizzare l’una o l’altra delle varieta’ incide notevolmente sui costi e sui guadagni degli esercizi commerciali. E’ utilizzata anche una miscela delle due varietà e, anche in questo caso, la percentuale di Arabica e Robusta determina la qualità del caffè e soprattutto i suoi costi. Dunque il consumatore, che si appresta a gustare “na tazzulella ‘e café’”, dovrebbe, parafrasando una nota pubblicita’, chiedere: Arabica, Robusta o miscela? Se poi si vuole essere precisi si può chiedere l’eventuale composizione percentuale della miscela. Eccessivo? Non ci sembra. D’altronde sono soldi nostri.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc