Il Governo ha intenzioni di riformare non solo la scuola, ma anche l’Università. Il metro però è sempre lo stesso: quello dell’inserimento del merito adottando tagli ai finanziamenti complessivi. Il Miur ha infatti comunicato che è in arrivo una vera “rivoluzione nell’assegnazione dei fondi alle università: oltre il 22% delle risorse disponibili quest’anno – fa sapere il Ministero – sarà distribuito sulla base delle performance dei singoli atenei, tra quota premiale, programmazione triennale, dottorati di ricerca, fondo per i giovani e fondo perequativo”. La novità, che riguarda circa l’assegnazione di un miliardo e mezzo di euro l’anno, è contenuta nel decreto di ripartizione del Fondo per il Finanziamento Ordinario (FFO), firmato dal Ministro Stefania Giannini e inviato al vaglio della Corte dei conti, che introduce per la prima volta nel calcolo per la ripartizione delle risorse anche il costo standard di formazione per studente in corso. Si tratta di un caso unico nella Pubblica Amministrazione.
Il Fondo di finanziamento ordinario ammonta, per il 2014, a poco più di 7 miliardi di euro (7.010.580.532). Il 18% di queste risorse (1.215.000.000) è assegnato alla cosiddetta quota premiale su cui pesano i risultati conseguiti nella valutazione della ricerca (per il 70%), la valutazione delle politiche di reclutamento (20%), i risultati della didattica con specifico riferimento alle aperture internazionali (10%). Anche altri stanziamenti come il fondo per i dottorati, quello per il sostegno ai giovani e il piano triennale delle università (per complessivi 259.296.174 euro) vengono ripartiti attraverso criteri meritocratici.
Una fetta della quota base dell’FFO è poi assegnata, per 1 miliardo circa, in base al costo standard di formazione per studente in corso. Un sistema inedito che punta ad agganciare lo stanziamento delle risorse non più a criteri storici, ma alla qualità e alla tipologia dei servizi offerti agli studenti. “Il decreto – assicurano dal Miur – tiene conto degli atenei situati in contesti economicamente più deboli, con clausole di salvaguardia che stabiliscono un tetto massimo di riduzione dei fondi pari al 3,5%, contro il 5% del 2013”.
Tuttavia, fa notare l’Anief, sarà inevitabile che ad essere penalizzati da questa nuova distribuzione di oltre il 20% delle risorse saranno gli atenei collocati nei contesti più svantaggiati, ad iniziare da quelli del Sud. Chi potrà pagare, del resto, l’addio ai tetti all’incremento degli stanziamenti destinati agli atenei virtuosi, quelli che hanno aumentato il livello della loro prestazione, introdotto proprio che queste nuove disposizioni? E chi uscirà danneggiato dall’aumento sensibile della quota premiale del finanziamento (dal 13,5% del 2013 al 18% del 2014), che sarà distribuita prendendo in considerazione anche l’internazionalizzazione delle università?
“Le rassicurazioni del Ministero sul tenere in considerazioni i problemi oggettivi in cui versano le facoltà universitarie dei Sud – sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – non ci convincono, perché è evidente che i fondi per il merito verranno assegnati principalmente sulla base di modelli e performance di carattere nazionale. Ma non solo: abbiamo il fondato motivo di temere che un modello del genere possa essere adottato anche nella scuola”.
“Le premesse di questo scenario – continua Pacifico – sono contenute nelle linee guida della stessa ‘Buona Scuola’, ancora per due settimane sottoposta all’esame degli italiani, dove si parla espressamente di valutazione degli istituti e scatti stipendiali legati da assegnare in base all’efficienza delle strutture e dei singoli docenti. Oltra alla inevitabile sperequazione che si verrebbe a creare, con le scuole del Meridione, in particolare quelle delle isole maggiori, penalizzate in partenza per la presenza di studenti difficili e un contesto socio-culturale dimesso, viene da chiedersi di cosa stiamo parlando visto che le risorse destinate alle scuole sono già state abbondantemente assorbite”.
“Oltre la metà del fondo d’istituto è stato infatti destinato alla copertura degli scatti di anzianità. E quello che rimane del Mof, poco più di 600 milioni di euro da dividere per 8.400 scuole autonome sparse per il territorio, dovrebbe servire per tenere in vita funzioni extra, progetti, visite culturali, corsi di recupero e tanto altro. Viene da chiedersi – conclude il sindacalista Anief-Confedir – come si può pensare di parlare, in queste condizioni di modesta copertura finanziaria, di spinta del merito e di innalzamento della qualità dell’istruzione pubblica”.