di ANDREA FILLORAMO
Pensavo che, tornato a casa, dovessi finalmente tacere su quanto avviene a Messina nel campo ecclesiastico, particolarmente nella gestione dell’archidiocesi. Purtroppo però non è cosi. Mi pervengono, infatti, due notizie, che, se fondate, mi turbano profondamente. Una fa riferimento a un prete diocesano; l’altra a una “celebrazione” “esibita” e “pubblicizzata”, riguardante don Pierino Gelmini. Le riporto, così, come mi sono giunte. La prima notizia è la seguente: “Sul tram prete molesta ragazzino che lo schiaffeggia. L’incredibile episodio si è verificato martedì mattina. Un sacerdote di 54 anni è stato bloccato dagli agenti delle Volanti“. Riporto la seconda notizia: “Nel corso della messa vespertina che si svolgerà sabato 8 novembre alle ore 18.00 nella Chiesa di S. Salvatore – Domenico Savio, vi sarà un ricordo in memoria di Don Pierino Gelmini,……….. straordinaria figura di sacerdote”……….” . Di fronte al primo fatto, se è veramente accaduto così come si legge nei giornali, mi stupisce il silenzio e l’ipocrisia di molti, particolarmente dei preti, quando invece sarebbe più coerente una mobilitazione, pacifica ma determinata, per la “vergogna” che si riversa su tutto il clero messinese, unita alla pretesa chiara, esplicita, condivisa di interventi “drastici” da parte di chi ha il dovere d’intervenire sui preti pedofili, il cui comportamento è stato, platealmente e senza alcun “ritegno” o “freno inibitorio”, espresso da un sacerdote messinese su un tram cittadino. Di fronte al secondo fatto, quello che si riferisce a don Gelmini, mi stupisce quando lo stesso viene a essere definito: una “straordinaria figura di prete”. E’ ovvio che in questa definizione occorre fare salva la buona fede degli organizzatori dell’iniziativa, che forse conoscono soltanto le biografie ufficiali di don Pierino e non tutte le notizie sul “personaggio”, che sono rintracciabili nei vari “ siti” della “rete”, ai quali può accedere chiunque. Essi indubbiamente intendono sottolineare l’importanza delle “Comunità d’incontro” da lui fondate. Mi meraviglio, inoltre, del silenzio della Curia, che, dovrebbe vietare, a parer mio, di far “solennizzare” e “pubblicizzare”, addirittura nella cattedrale dell’archimandritato, la memoria di un prete molto discusso e sottoposto a indagini dalla Procura di Terni per presunti abusi sessuali su alcuni ospiti della sua comunità, alcuni dei quali minori di età, avvenuti tra il 1999 e il 2004 e poi “rinviato a giudizio” dal giudice dell’udienza preliminare). Sappiamo che il processo ha subito vari rinvii a causa delle condizioni di salute di Gelmini, sinché, con la morte di questi il 12 agosto 2014, l’eventuale reato si è estinto. Consideriamo che l’estinzione di un reato per “intervenuta morte” di un “rinviato a giudizio” non significa “assoluzione perché il fatto non sussiste”. E anche se, in assenza di una “sentenza”definitiva, dovessimo ritenere don Gelmini innocente per i gravi reati di pedofilia addebitati, mai e poi mai potremmo definirlo “una straordinaria figura di sacerdote”, anche se, come sappiamo, impegnato nel recupero di emarginati e in particolare di tossicodipendenti, usufruendo anche dell’aiuto dell’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che gli donò un assegno di 5 milioni di euro. Ciò significherebbe additarlo, particolarmente ai giovani, in barba alle notizie che si apprendono da Internet o di fatti sicuramente accertati, come esempio di correttezza morale. Non si terrebbe conto che don Pierino guai con la giustizia ne ha avuti sicuramente tanti, ed è pure finito in carcere un paio di volte. A un certo punto è stato anche sospeso a divinis, salvo poi essere perdonato da Santa Romana Chiesa. I fatti sono accaduti tra il 1969 e il 1977. Era il 13 novembre 1969 quando i carabinieri, infatti, lo arrestarono per la prima volta a Roma. E già all’epoca fece scalpore che questo sacerdote avesse una Jaguar in giardino. I resoconti di giustizia dicono in verità che fu inquisito per bancarotta fraudolenta, emissione di assegni a vuoto e truffa. Lo accusarono di avere organizzato un’ambigua ditta di import-export con l’America Latina. Restò impigliato, poi, in una storia poco chiara legata a una cooperativa edilizia collegata con le Acli che avrebbe dovuto costruire palazzine all’Eur. La cooperativa fallì, mentre lui rispondeva della cassa. Don Pierino, che amava farsi chiamare “monsignore”, e per questo motivo aveva avuto anche una diffida della Curia, sparì dalla circolazione. Si saprà poi che era finito nel cattolicissimo Vietnam del Sud, dove, però, lo denunciarono per appropriazione indebita. Dovette rientrare in Italia, dove, nel 1971, venne condannato a quattro anni di carcere, per emissione di assegni a vuoto, truffa e bancarotta fraudolenta: pena interamente scontata in carcere. Nel 1992 venne denunciato dal Comune di Amelia per abuso edilizio. Malgrado tutto ciò, la Chiesa non prese alcuna decisione restrittiva a carico della sua condizione sacerdotale… Di fronte alla “pedofilia” di quello che chiamo il “il prete del tram” o dell’invio a giudizio per pedofilia o dei “trascorsi penali” di don Pierino, occorre che ci sia una “reazione” dei preti“ onesti” e ciò per non farsi ritenere complici. Non si può, infatti, tacere di fronte ai “fatti scandalosi”, di cui i religiosi si rendono protagonisti. Nessuno deve pensare che certi casi siano protetti. Così dicendo, si rischia di giustificare la disonestà e la pedofilia che qualcuno dice sia un’epidemia clericale. Non si può e non si deve dire, riferendoci al prete pedofilo, “ma quello è un poveretto, è un ammalato”. Se si ritiene che un prete sia un ammalato non si deve “deresponsabilizzarlo” commiserandolo. Lo si faccia curare, lo si riduca allo “stato laicale”, non lo si trasferisca da una parrocchia a un’altra. Sia a lui vietato di accostarsi ai minorenni. A chi “deve intervenire” per sradicare la pedofilia nella Chiesa Joaquin Navarro Valls, ex portavoce della Sala Stampa Vaticana, scrive “La vera malattia non è la Chiesa, ma la pedofilia”. E se “infatti è vero che la pedofilia è una piaga umana che anche la Chiesa sta conoscendo, è anche vero che la Chiesa stessa è l’unica realtà comunitaria e istituzionale che stia efficacemente intervenendo per estirparla sia penalmente, sia canonicamente e sia culturalmente”. Si spera che la chiesa, anche quella locale, riesca in questa opera di risanamento. Gli accadimenti all’attenzione della cronaca dimostrano, infatti, non solo che il problema esiste (ed esiste da secoli), ma che il tipo di risposta che la Chiesa ha dato nel passato (celibato, silenzio, dissimulazione, copertura) non regge più. Era questa una risposta che poteva andar quando si voleva ignorare la realtà delle cose. Oggi la Chiesa si impegna a risolvere il problema. Questa non è più l’epoca del silenzio, della disinformazione, dell’omertà: ormai le opinioni pubbliche non sono più controllabili come s’è fatto per secoli. La procedura del silenzio non funziona più.