Mt 25,24-30
Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: "Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque". "Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone". Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: "Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due". "Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone". Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: "Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo". Il padrone gli rispose: "Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti".
di Ettore Sentimentale
Malgrado la sua apparente inoffensività, la parabola dei talenti ha una carica “esplosiva” impressionante. Sorprendentemente il terzo servo (=funzionario) è condannato senza aver commesso nulla di male, se non “l’aver fatto nulla”. Costui infatti non rischia il talento, non lo fa fruttificare, lo sotterra in un luogo sicuro.
Stando a questo brano evangelico il messaggio di Gesù sotto – forma di slogan- è chiaro: no alla conservazione, sì alla genialità. No a una vita infeconda, sì a una risposta efficace a Dio. No a una fede incapsulata nel convenzionalismo, sì ad un lavoro coinvolgente per aprire nuove piste al regno di Dio.
Il grande peccato dei discepoli di Gesù è quello di non rischiare una sequela creativa. Per rendersi conto di questo passaggio basta analizzare il linguaggio sedimentato nel comune parlare ecclesiastico, dove il verbo “conservare” funge da comune denominatore: conservare il deposito della fede, la tradizione, le buone usanze, la vocazione. Sempre “conservare”!
E in questi tempi di crisi religiosa, in automatico scatta la salvaguardia dell’ortodossia, della disciplina, delle leggi, dell’appartenenza alla Chiesa. Se da un lato questo atteggiamento offre una certa sicurezza, dall’altro sicuramente svilisce e congela l’azione dello Spirito.
Battere le strade del passato è più comodo e prudente, ma a cosa serve questa operazione se non si è capaci di proporre cammini di speranza di fronte ai problemi che scuotono gli uomini contemporanei?
Ho l’impressione di assistere spesso a due movimenti diametralmente opposti. Sulla scia di papa Francesco, parafraso brevemente le due realtà contrastanti. Il mondo (soprattutto dei giovani) chiede “ricerca creativa” e la comunità predica “prudenza”; i lontani attendono gesti di “audacia” della Chiesa (direbbe S. Giovanni Paolo II “prendere il largo”) ed essa offre solo “fedeltà al passato”; i segni dei tempi invitano i cristiani ad “ascoltare ciò che lo Spirito dice alle Chiese” mentre questi ultimi si presentano con i volti marchiarti dalla “rassegnazione”….
Ma la cosa più triste di tutti questi passaggi rimanda alla persuasione di numerosi cristiani che, così facendo,pensano di rispondere fedelmente a Dio mettendo in gioco tutte le loro capacità… È la situazione del terzo servo. Né più, né meno.