IL VERO FEMMINISMO è QUELLO CATTOLICO

Ripercorrendo la storia vista dal punto di vista delle donne, il libro “Papa Francesco e le donne”, di Giulia Galeotti e Lucetta Scaraffia, (Sole 24 Ore, 2014) ricordano la grave frattura tra le donne e la Chiesa, procurata dalla minuscola pillola messa a punto dal biologo americano Gregory Pincus, un “metodo contraccettivo affidabile e sufficientemente certo, ha trasformato la maternità da destino in libera scelta, cambiando per sempre la vita delle donne”.Da questo momento, le donne possono decidere in prima persona della propria fecondità, e così l’autodeterminazione, diventa la parola chiave del femminismo del secondo Novecento.
Il radicalismo rivoluzionario della pillola introdotta da Pincus ha coinvolto anche i cattolici che attendeno una risposta ufficiale dalla Chiesa. Dopo tante discussioni si arriva alla risposta decisa del beato Paolo VI con la tanto discussa e criticata enciclica “Humanae vitae”. Qualche anno più tardi il fronte di battaglia si sposta sulla questione dell’aborto. E qui la Galeotti ricorda l’esperienza di Gianna Beretta Molla, una dottoressa che di fronte alla scelta estrema tra la sua vita e quella del nascituro, ha preferito di mettere al primo posto la salvaguardia del feto. La Molla è morta a 39 anni per un tumore all’utero, mentre metteva al mondo il quarto figlio. E’ stata la prima madre di famiglia non martire canonizzata da san Giovanni Paolo II. La decisione di Santa Beretta Molla presa consapevolmente e in libertà, rappresenta “una delle sante più femministe della storia”, per la Galeotti, la Molla è “una di quelle sante che hanno testimoniato il coraggio e la capacità delle donne di essere espressione della gratuità e dell’amore (‘la vera emancipazione femminile – disse Paolo VI all’Unione dei giuristi cattolici nel dicembre 1972 – sta nel riconoscimento di ciò che la personalità femminile ha di essenzialmente specifico’) Eppure la scelta di Gianna non è stata capita dai più”. E quel che fa più scandalo, non è stata capita neanche dalle donne cattoliche.
Il libro delle due giornalista mette in discussione il modello di liberazione delle donne degli anni sessanta. Le sessantottine, hanno “tentato di emancipare le donne cancellando la fisionomia e la specifica anatomia femminile(…)”, portandole alla fine ad essere ingabbiate “in sbarre moderne e nuove”. Tuttavia si presenta una riscoperta, soprattutto negli Usa, di una alleanza scomoda e pericolosa tra le donne e la Chiesa cattolica, dal tema dell’aborto alla fecondazione eterologa. In pratica oggi, “la contrarietà all’interruzione della gravidanza non è più appannaggio del cosiddetto oltranzismo cattolico, ma una posizione condivisa anche da molti laici e molte laiche (…)”. Un altro tema al centro dell’alleanza “è il rifiuto della teoria del gender, secondo cui non esisterebbero differenze biologiche tra femmine e maschi, essendo la femminilità e la mascolinità costruzioni culturali dalle quali bisogna liberarsi per stabilire un’autentica uguaglianza tra gli esseri umani”. Pertanto secondo la Galeotti, “a questa ideologia ha mosso una dura critica parte del femminismo (…) Contestare in radice l’ideologia del gender significa infatti respingere una visione che intende liberare le donne eliminandone la femminilità (…)” Pertanto secondo la Galeotti, “difendere la specificità della donna risulta così la previdente preoccupazione per un futuro che – ancora una volta in nome di una utopia dell’uguaglianza – vuole tutti trasformati in individui neutri. Ma in realtà la neutralità non esiste (…)” Coglieva nel segno madre Teresa di Calcutta, quando affermava di non capire quelle persone che “dicono che l’uomo e la donna sono esattamente la stessa cosa e negano la bellezza delle differenze esistenti tra uomini e donne”. Peraltro, già nel lontano 1931, Marie Lenoel disse che era giunto il momento di dimostrare non solo che si può essere “femministe benché cattoliche”, ma soprattutto “femministe perché cattoliche”. Dunque non è azzardato scrivere che il vero femminismo è cattolico. E Papa Francesco può dire, “la donna nella Chiesa non può limitarsi a fare la chierichetta, la presidente della Caritas, la catechista. Deve essere di più, profondamente di più”.
Nella “Evangeliigaudium” papa Francesco ha dedicato diverse righe all’importante presenza femminile nella Chiesa. Del resto in sintonia con gli altri papi, almeno quelli più recenti, da San Giovanni XXIII, al beato Paolo VI, a San Giovanni Paolo II, e infine, Benedetto XVI. Perfino Papa Ratzinger ha avuto una grande apertura verso le donne, agendo concretamente in questa direzione. Significativa la nomina a dottoressa di Dio di Ildegarda di Bingen, “considerata degna del titolo non solo per i sui caratteri mistici, ma anche – del pari a molti colleghi maschi – per la sua conoscenza razionale e scientifica, giacchè il suo sapere comprendeva la cosmologia, l’antropologia, l’etica, la medicina, la musica e la poesia”. Fondamentale e peraltro una novità assoluta, Benedetto XVI, ha dedicato ben sedici catechesi del mercoledì a donne importanti nella Chiesa del medioevo e dell’età moderna. “Mai prima un Pontefice aveva così espressamente riconosciuto l’importanza femminile”.
L’attuale Papa ha preso a cuore la questione femminile nella Chiesa, “restituire alla donna il ruolo che le compete è una questione teologica”. Ricordando che la Madonna è più importante dei vescovi.
Nella seconda parte del libro, la Scaraffia si occupa delle violenze nei confronti delle donne, senza debordare nelle polemiche forzate del “femminicidio”. La sopraffazione sulle ragazze cristiane sono all’ordine del giorno, quelle più conosciute sono la punta di un iceberg. Il caso Pakistan con la brutale detenzione di Asia Bibi è ormai conosciuta in tutto il mondo, come non dimenticare le oltre duecento studentesse cristiane, rapite in Nigeria dal gruppo fondamentalista islamico di BokoAram. Il libro ricorda poi tutte le donne cristiane impiegate come domestiche nelle case dei ricchi musulmani, che vivono una situazione particolarmente pericolosa: molte sono stuprate, costrette a convertirsi all’islam e a sposare un musulmano. Ma la violenza sessuale non risparmia neppure le religiose e qui le conseguenze sono ancora più devastanti, infatti se le donne laiche non devono cambiare drammaticamente la loro vita, “le suore che rimangono incinte a causa della violenza sono costrette ad abbandonare la vita religiosa, vita che avevano liberamente scelto e che quasi sempre stavano affrontando con coraggio e determinazione. Per loro la violenza arriva a condizionare tutta la vita”.
La Scaraffia non manca di sottolineare come la Chiesa si stia muovendo per il riconoscimento della violenza sessuale come forma particolare di martirio per le donne cristiane. Anche la Scaraffia critica l’atteggiamento femminista basato sulla cosiddetta emancipazione attraverso gli anticoncezionali e la legalizzazione dell’aborto. Ma molto occorre lavorare nella Chiesa per una presenza più rilevante delle donne. Di aperture dei Papa nei confronti delle donne, la Scaraffia mette in risalto Paolo VI, che ha proclamato dottori della Chiesa, due donne, Caterina da Siena e Teresa d’Avila e poi il pontificato di San Giovanni Paolo II, con la pubblicazione della “Mulierisdignitatem”, dove il papa fa il suo discorso “femminista” sulla necessaria complementarietà dei sessi per una armoniosa realizzazione della vita umana, fornendo in pratica una piattaforma teorica al femminismo cattolico.
Chiudo con alcune considerazioni della Scaraffianettamente critiche al femminismo laico e radicale. Qui la giornalista constata il fallimento di questo femminismo che è partito per ottenere l’uguaglianza tra i sessi, ottenendo, invece, il suo contrario. “Il politicamente corretto che ancora impera su questi argomenti impedisce di cogliere il fallimento delle promesse, la contraddittorietà degli assunti, la fallacia dei testi fondativi. Soprattutto la persistenza del mito della ‘naturalità’ da riconquistare impedisce di vedere come il rapporto sessuale, sganciato dalla riproduzione, liberato da ogni regola che ne delimiti la funzione sociale, sia diventato un consumo come un altro. Pertanto secondo la Scaraffia, la libertà di godere si confonde con la libertà di comprare e il libero amore sollecita acquisti di biancheria intima, frequentazione di istituti di bellezza e palestre, turismo e serate in locali notturni, mentre il turismo sessuale è diventato uno dei principali affari del mondo contemporaneo, e sta a testimoniare, come la prostituzione a casa nostra, che la liberazione sessuale non ha mantenuto nessuna delle sue promesse di felicità. Anzi in questo modo ha aggravato lo sfruttamento fra esseri umani”.
Potrei continuare perché il libro fornisce ricchi e interessanti spunti di riflessione, ma dobbiamo fermarci per il momento.

DOMENICO BONVEGNA
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