A una manciata di giorni dalla fine del 2014, ci sono ancora migliaia di precari della scuola che attendono di percepire lo stipendio dal mese di settembre: alla mancanza di fondi pubblici, solo parzialmente sanata dal via libera giunto il 12 dicembre dal Consiglio dei Ministri, che ha approvato in via straordinaria un decreto legge per stanziare 64,1 milioni di euro proprio per il pagamento delle supplenze svolte nei mesi di settembre, ottobre e novembre, si è aggiunto il malfunzionamento del Sidi, il sistema informatico ministeriale che contrattualizza i nuovi assunti e permette di procedere ai pagamenti dei lavoratori della scuola. Con il risultato che un insegnante o Ata su tre che ha svolto supplenze cosiddette ‘brevi’, passerà il Natale senza aver ricevuto un euro in busta paga.
Sino ad oggi, alle periodiche rassicurazioni provenienti dal Ministero dell’Istruzione non hanno fanno seguito dei risultati concreti: né può essere considerato giustificativo il dato fornito dall’amministrazione sull’incremento dell’11 per cento del numero di contratti a tempo determinato sottoscritti nel periodo settembre – novembre 2014.
La rivista specializzata ‘Orizzonte Scuola’ ha rilevato che il problema era stato ampiamente previsto nella scorsa estate dall’amministrazione centrale: “il Miur, sin dal mese di giugno, in sede di assestamento del bilancio di previsione 2014, rilevando che gli stanziamenti sarebbero potuti essere insufficienti per il pagamento delle supplenze brevi e saltuarie rese dal personale della scuola per il periodo settembre – dicembre 2014, ha richiesto al Ministero competente (MEF) di integrare i relativi capitoli di bilancio con delle risorse aggiuntive”.
“Questa richiesta, tuttavia, non è stata accolta. Il Miur, per poter comunque affrontare le criticità che sarebbero emerse, ha avviato un confronto con Il Mef, arrivando anche ad ipotizzare ulteriori sacrifici e tagli all’interno del proprio bilancio, nella piena consapevolezza dell’assoluta priorità che assume l’obbligo di retribuire il personale a tempo determinato. Per quanto riguarda il mese di novembre, come si può leggere con chiarezza dalla comunicazione ufficiale diramata alle scuole (nota della Direzione Generale Risorse umane e finanziarie prot. n. 18065 del 15 dicembre 2014 che si allega), l’Amministrazione” ha chiesto alle scuole di “dare precedenza al pagamento per intero delle prestazioni rese dai supplenti nei mesi di settembre ed ottobre e, successivamente, con le risorse finanziarie residue ancora disponibili, pagare gli stipendi di tutti i docenti, in quota parte per il mese di Novembre. Tale quota, sulla base dei dati disponibili, risulta mediamente pari ad un importo superiore al 50% delle somme dovute per il mese di novembre”.
Questo significa, sostiene il sindacato, che migliaia di supplenti dovranno attendere diverse settimane prime di vedersi assegnare le quote stipendiali relative al servizio svolto. Ancora una volta, subendo le conseguenze della cattiva programmazione messa in atto da parte di chi governa la scuola.
“Si tratta di una situazione davvero paradossale – dice Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – perché si va ad infierire e a ledere i diritti di precari assunti spesso lontano da casa, obbligati a caricarsi di spese ‘vive’, ad iniziare da quelle sostenute per viaggi, le trasferte e gli alloggi a ridosso delle scuole dove si presta servizio temporaneamente. Non si comprende perché tutto ciò possa ancora accadere, sia perché viviamo ormai l’era degli accreditamenti stipendiali informatizzati, sia perché solo alcune settimane fa, il 26 novembre scorso, la Corte di Giustizia europea ha sancito la piena parità di trattamento tra personale di ruolo e precario”.
“Nei confronti dei supplenti – continua Pacifico – si continua peraltro ad assegnare uno stipendio base, tra i più bassi in Europa, privo anche degli scatti di anzianità. È tutto dire che un docente di ruolo laureato della scuola superiore italiana dopo 15 anni di servizio percepisce meno di 27mila euro lordi, mentre un collega tedesco con la stessa anzianità professionale ha una busta paga di quasi 70mila euro. Ed in futuro, considerando il blocco stipendiale fino al 2018, come tutti i dipendenti della PA, potrà solo che andare peggio. Almeno, si facciano pervenire nei tempi dovuti”.