Caro direttore,
sei anni fa, in data 13 gennaio 2009, l’Arcivescovo Calogero La Piana, dalle pagine della Gazzetta del Sud, in una intervista rilasciata a Mauro Cucè, ammoniva Messina affermando «La nostra è una città che vive sotto una cappa massonica che controlla tutto e tutti, che impedisce lo sviluppo per poter dominare tutto».
In quel frangente, inoltrai al giornalista la seguente nota:
<<Caro Mauro, ti sottopongo alcune riflessioni, invitandoti a valutarne una integrale pubblicazione.
Non sono massone e non sono d’accordo con l’Arcivescovo.
Quanto meno non sono d’accordo con il tenore dell’articolo. Sono convinto, infatti, che i due anni di episcopato abbiano consentito una conoscenza articolata e profonda non sintetizzabile neppure in nove colonne. Due anni non sono pochi. Per esempio due anni sono stati sufficienti ai messinesi per esprimersi su Genovese sindaco preferendo assoggettarsi al decennale precedente governo cittadino.
L’autorevolissima voce di Monsignor La Piana rischia di fornire il pretesto a processi di semplificazione nella lettura di una realtà sociologicamente più complessa.
Riconosco nelle parole del Pastore l’autenticità del grido di dolore.
Riconosco nella posizione della Curia una trasparente presa di posizione nei confronti della Massoneria (bianca e nera, ufficiale e segreta).
Temo, tuttavia, che il sottosviluppo culturale, sociale, economico di Messina possa d’ora innanzi essere ricondotto alla “cappa” (che nel coprire … legittima, giustifica, assolve).
E se ammettiamo anche solo per un momento che l’Arcivescovo abbia certificato una sacrosanta verità chi – scosso nella coscienza – sarà disponibile a testimoniare sulla propria esperienza che la libertà politica, la libertà di impresa, la libertà di stampa, la libertà nella ricerca, la libertà nella inchiesta, la libertà nel giudizio, la libertà nello spirito sono stati soffocati dalla cappa delle varie consorterie.
L’attività di quale amministratore, giornalista, professionista, sindacalista ovvero partito, testata, azienda, parrocchia, movimento religioso in questa città è stata condizionata o limitata dalla cappa? Si risponderà che la cappa è per definizione invisibile. E allora pongo il seguente interrogativo: cos’è più pericoloso la nebbia o il circolare brancolando nel buio?
L’intervista a Monsignor La Piana ha l’indubbio pregio di far emergere quella residua ipocrisia e demagogia che ancora era rimasta sopita.
Troppo facile essere d’accordo con l’Arcivescovo!
Perché sul piano dell’esercizio del ruolo, quando le cose si mettono male, fa comodo scaricare o assecondare improprie funzioni di supplenza. Perché sul terreno della responsabilità personale, quando le risonanze sono pubbliche, nessuno confessa l’eventuale tradimento dello spirito di servizio.
Così finisce che tutti abbiamo un alibi.
Questa l’esortazione vera dell’Arcivescovo La Piana che accolgo: il discernimento è possibile anzi è doveroso; l’impegno è possibile anzi è doveroso; il perseguimento del bene comune è possibile anzi è doveroso; la rinascita di Messina è possibile anzi è doverosa.
Ecco l’invito: unicuique suum.>>
Dopo qualche anno, nei primi di agosto del 2013, il Sindaco di Messina rifiutò di incontrarsi con esponenti di massoneria se non erro del G.O.I..
Sempre alla Gazzetta trasmisi una nota avente a oggetto "Messina e Massoni ": <<Preg.mo Direttore, sottopongo alla Sua cortese attenzione alcune riflessioni che gradirei fossero integralmente pubblicate.
Intervengo per manifestare la mia solidarietà nei confronti dei massoni che oggi nelle pagine di cronaca della Gazzetta del Sud hanno rappresentato il loro disappunto dinnanzi ad atteggiamenti sostanzialmente discriminanti.
Farebbe bene il sig. sindaco prof. Accorinti ad accogliere l’invito per un incontro.
La nota è stata sottoscritta da persone (intanto persone e poi professionisti, dirigenti, accademici, etc. etc.) diffusamente reputate come serie, oneste, profonde, competenti, generose. Non fanno mistero della appartenenza alla massoneria anzi manifestano fieramente "un credo" che impegna la loro ricerca storica, sociale e culturale.
La città di Messina, qualora assumessero ruoli di responsabilita’ pubblica non potrebbe che essere riconoscente.
Rammento – a me stesso – di avere contattato il prof. Santi Fedele per rivestire il ruolo di assessore di Francantonio Genovese nel 2008. Molti ritenevano – essendo stato designato in giunta qualora si fossero vinte le elezioni – che sarebbe stato investito della delega alla cultura. Vi era, invece, molto di più. Pensavamo ad un assessorato alla identità preordinato ad un disegno strategico di rinascita recuperando memoria e costruendo futuro.
Personalmente, peraltro, auspicando un Sindaco fuori dalle logiche partitiche ma di comprovata serietà istituzionale, immaginavo che sul Presidente dell’Ordine degli Avvocati Franco Celona si potesse – oggi – scommettere per interpretare un programma gestionale-amministrativo non velleitario.
Non ho, peraltro, gradito i gratuiti attacchi – diretti e indiretti – rivolti all’avv. Salvo Versaci, indicato nella squadra di Felice Calabrò.
Sono, invero, ignorante di massoneria. La ignoranza è il peggiore dei mali.
Il dott. Dino Calderone qualche anno fa aveva cercato un approccio per generare un dialogo o almeno un contatto conoscitivo. Ricordo una tavola rotonda alla presenza di padre Scalia alla quale intervenne il prof. Orazio Catarsini.
Il tema seguiva – dopo diversi mesi di metabolizzazione – l’intervista di S.E. l’Arcivescovo e Archimandrita di Messina che stigmatizzò la c.d. cappa. Molti plaudirono a quell’intervento. Non io … come ben sa il giornalista Mauro Cucè a cui avevo inoltrato una lettera in cui sommessamente esprimevo il concetto per cui non è pericolosa la nebbia ma avventurarsi la tra nebbia. Invero, continuo a ritenere che coloro (e sono in tanti) che paventano il rischio di cappe o si appellano a censure, paletti, maglie strette o muri di gomma per giustificare mancanza nel raggiungimento di obiettivi o risultati si autoassolvono da insufficienze e carenze e deficienze proprie. Come sanno i giuristi non vi è colpa senza responsabilità e non vi è responsabilità senza libertà. Pertanto, l’idea della cappa se artatamente fraintesa (rectius ben impiegata) funziona da alibi o esimente.
A scanso di equivoci non difendo una posizione.
Non sono massone e neanche faccio anticamera per utili frequentazioni.
Cerco solo di non essere ipocrita.
E a proposito di ipocrisie ritengo di dover sottolineare che il modo di concepire i bandi per selezionare apicali e componenti dei c.d. sottogoverni a me non piace. Piaccia o non piaccia prevarrà la "fiducia". Così come deve essere, come sempre è stato, come sempre sarà. Il tempo ci dirà – nel merito delle cose che si dicono e che si fanno – se ci si circonda di servi fedeli, utili idioti, leali collaboratori, bravi e onesti amministratori.>> Sono passati sei anni dal gennaio di quel 2009.
Credo di non essere nè superficiale nè disattento. L’unica cappa (se di cappa si può continuare a parlare) che registro e temo è quella della piccineria e per converso quella della supponenza (oggi accompagnate entrambe dalla anarchia di risulta). Questa cappa non è stata dissipata da nessuna "pastorale" … laica o clericale, di partito o sindacato, di società c.d. civile o Istituzione. Se mi ponessero la domanda "cosa manca a Messina?" … risponderei senza esitazione "classe dirigente". E se mi domandassero ancora "quale forza è preparata per proporre classe dirigente" … risponderei senza esitazione "solo la massoneria con crisma di ufficialità".
Emilio Fragale