Oggi 18 gennaio “Giornata del merito” – Lettera aperta di Zarcone

Oggi Norman avrebbe compiuto trentadue anni. Da quasi cinque non posso più abbracciarlo.
Questa è l’ineluttabile realtà, inaccettabile e devastante: quando si torna a casa, lui non c’è.
Non c’è più la sua voce, non c’è lo sguardo “zuzzurellone”, e nemmeno il sorriso di fronte al suo piatto preferito. L’assenza ci interroga su quello che non siamo riusciti a essere per lui e con lui. Un genitore preferirebbe morire mille volte al posto del figlio, non può esservi dubbio o discussione su questo argomento. Ancor più al posto di un figlio suicida, per salvarlo, ma anche per sottrarsi alla nostalgia, così densa e dolorosa, che può diventare più pesante dei sensi di colpa. Nostalgia – già, il dolore del ritorno – in cui ogni ricordo, ogni fotografia, ogni lettera, ma anche un vecchio maglione, un jeans e perfino un giocattolo di tanti anni prima, riaprono il dolore dell’assenza.
E il mistero della morte diventa più fitto, come più fitto è il sentimento di una giustizia negata (nel caso del mio adorato bambino). Norman si è ucciso per avere giustizia, almeno da morto e ciò non è avvenuto, perché niente è cambiato nelle università italiane e nessuno – dico nessuno – si è preso la briga di avviare un’ispezione concreta su quel caso “in scuro”, non foss’altro perché la Nera Signora ha mietuto una vittima innocente. Nessuno che abbia richiesto gli atti di quel dottorato e abbia considerato procedure e titoli. Neanche il Ministero dell’Università (nella successione dei suoi – mi pare quattro – ministri), quando diversamente, come comportamento doveroso, avrebbe dovuto avviare un’ispezione interna e trasmettere quegli stessi atti all’autorità giudiziaria per ulteriori accertamenti, suppongo previsti in questa delicata vicenda, conclusasi con la morte di mio figlio: e dove c’è la morte di mezzo, il sistema ha fallito a prescindere da colpe soggettive o oggettive. Ecco perché parlo di “Omicidio di Stato”.
Purtroppo l’Italia è il paese delle incompiute, delle opere incompiute, delle leggi incompiute o non applicate, di una civiltà incompiuta, di una giustizia incompiuta… delle vite incompiute…
Sfortunatamente nel Belpaese si tende a identificarsi più col carnefice, che con la vittima.
«Il nostro è un Paese senza memoria e senza verità», considerava saggiamente – e non a caso – Pier Paolo Pasolini, al quale, se fosse ancora in vita, mi permetterei di suggerire l’aggiunta di questa parte finale alla sua frase: «E senza dignità».
Da oggi per Palermo sarà “Giornata del Merito” in memoria di mio figlio, ma per la mia famiglia sarà sempre una sconfitta, quantunque anche un paio di siti coreani raccontino la storia di Norman.
Sarà sconfitta perché Norman non è un semplice caso giudiziario, un fatto di cronaca, o un giovane talentuoso dedito alla filosofia, alla musica e al giornalismo; egli è un atto d’amore, da esso nasce.
Non un incidente di percorso, ma un totale atto d’amore che è stato mutilato da logiche di appartenenza bastarde. Da un meccanismo di potere che in Italia è ancora in mano a politici incapaci, guru delle folle, scriba farfuglianti e sillogisti stronzi.
Da oggi per Palermo sarà “Giornata del Merito” in memoria di Norman, vorrei tanto che da oggi merito e memoria, monito e memento, diventassero anche verità e giustizia.

Claudio Zarcone