di Roberto Gugliotta
Staccati dal Continente, staccati dalla realtà. I numeri parlano più della marce e raccontano di una Messina in continuo cambiamento dove merito significa migrazione, lotta di culture, scambio di accuse più che di esperienze o intreccio di “luoghi”. E non è solo roba di navi o treni che non arriveranno più. Messina è una città dove è una impresa riuscire a non farsi calpestare da chi amministra. Una città che non ha emozioni né sogni che futuro consegna ai giovani? Eppure questa Messina oggi si mette in marcia per recuperare il tempo perduto: Ponte sì, Ponte no. E intanto si muore di fame. Lo confesso, l’apparenza conta: cosa ti colpisce di un luogo a parte l’aspetto? La sostanza: il cuore, il profumo, il sorriso, la creatività. In una parola l’anima. E che anima puoi ritrovare in un luogo dove i successi vengono calpestati per far posto a interessi poco nobili? Consumate e moltiplicatevi. Tirate fuori le bandiere dagli armadi e scendete in piazza: così darete una mano alla città. Nel pieno della recessione che ha investito il paese, sollecitati dalle meste notizie sulla cattiva gestione della sanità siciliana, gli amministratori di Casa Zanca hanno giocato la carta dell’appello ai cittadini. Treni, navi, occupazione e folclore. D’accordo, bisogna pur essere sensibili con chi è meno fortunato, ma a tutto c’è un limite, specie se dietro la bontà d’animo si cela l’inganno. Messina a quanto pare è contenta di vivere nella menzogna. Ponte sì, Ponte no. I numeri raccontano però una Messina che da decenni è cambiata, in peggio. Una città che fa fatica a restare civile, con politiche a uso e consumo dei cosiddetti affari di bottega, con il passo rimasto spesso indietro rispetto alla portata dei cambiamenti vissuti e lo sguardo offuscato da stereotipi difficili da superare. Non c’è più la cultura del sacrificio né luoghi dove ospitare bene e in maniera seria i meno fortunati. La politica? In parte è ancora schizofrenica, se alla flessibilità dei progetti oppone la rigidità delle Istituzioni: la mancanza di progetti, di sogni, crea una nuova povertà che va oltre il bilancio di Comune o una Università, perché condiziona la nostra capacità di vivere una vita che valga la pena di essere vissuta. Ci priva del rispetto di noi stessi. Non è solo colpa dello Stato né ci salveremo grazie a un treno che ci metta in cammino verso il Continente. Ho speso negli ultimi anni una gran mole di energia ad argomentare che la povertà di Messina non è solo basso reddito, ma bassa qualità della vita. Per ripartire abbiamo bisogno di giovani che abbiano fiducia in se stessi, che non siano costretti a cominciare la loro vita di adulto, dopo la scuola, dipendendo subito dalla raccomandazione di qualcuno (!). Sviluppando una psicologia di disperazione e rassegnazione… per esempio, lo sport fatto in maniera seria, educa alle regole, alla determinazione, all’autostima. I giovani ne hanno bisogno per il dinamismo, per la crescita. Ma ovviamente non tutti hanno le conoscenze, le capacità, le qualità morali per educare i giovani. Anzi spesso si consegnano i figli nelle grinfie del lupo perché dall’apparenza simpatica! Questo perché la vita quotidiana è come il mare: non è solo via di passaggio ma anche paesaggio di tante storie di cui spesso si ignora l’esatta dimensione. La marcia è fondamentale se dietro c’è un forte richiamo alle regole… Certo, anche la politica ha bisogno della sua platea ma abusarne è un problema. Secondo me, e a parere di molti, esagerano; siamo anzi diventati specialisti nel rapido cambio di opinione: quando loro attaccano, zac, noi scappiamo via. Ormai non è più una difesa dei valori, ma un inseguimento porta a porta. Scusate: una pausa. I numeri – che sono sempre utili per fare chiarezza contro facili strumentalizzazioni di parte – rivelano soprattutto l’urgenza di una sfida non più futura ma attuale e presente. Purtroppo i fatti tendono a non interessare nessuno. Non interessa discutere nel loro merito, per rilevarne carenze e magari errori o per proporre più avanzate soluzioni. Semplicemente, non esistono. è l’altro che conta: l’immagine. Anzi: la grande immagine di ciò che non c’è a Messina. L’emozione procurata da un grande cambiamento rivoluzionario, per esempio!