La solitudine sociale di un prete

di ANDREA FILLORAMO

Non mi ha molto sorpreso, dati altri fatti analoghi, di cui in precedenza ero venuto a conoscenza, la notizia datami, in una lunga telefonata, da un non più giovane prete messinese, relativo alla sua rimozione per presunta “inabilità”, da ogni incarico e da ogni ufficio, operata con intransigenza e anche con apparente crudeltà dal vescovo La Piana. Il fatto, le cui conseguenze sull’equilibrio psicofisico di un soggetto di una certa età, non erano ignorabili, ha pesato come un macigno su quel prete, a tal punto da far scorrere la sua incipiente vecchiaia in un clima a dir poco drammatico. Quel prete, infatti, considerato l’atteggiamento pregiudiziale del vescovo nei confronti delle proprie capacità e sentendosi condannato ingiustamente all’inerzia e alla solitudine sociale, vive questa “estraneazione” con grande angoscia, cioè con un senso di frustrazione e malessere, con una sofferenza psicologica che, degenerando, causa una precisa patologia che è impossibile aggredire… Motivi di cristiana carità impongono non solo al vescovo ma a ciascuno di noi di non lasciare solo il prete che soffre l’abbandono. Questo è l’obiettivo che mi sono proposto nello scrivere questa breve nota.