E’ un caso che proprio l’8 marzo, il giorno cui si festeggiano le donne e siamo invasi da ettolitri di ipocrisia, perbenismo e retorica studiata ad arte dal potere corporativo maschile, che mi sono ritrovato con mia figlia di 9 anni a studiare sul libro di Scienze “le piante si riproducono”. Lo slalom tra nomi impronunciabili e inusuali nel lessico quotidiano nostro (i cosiddetti grandi) e -figuriamoci- in una bambina di quell’età e non solo, è stato solo un’operazione mnemonica che, per mia fortuna, è un esercizio a cui la bambina capisce di doversi sottoporre per dovere. E così siamo arrivati al polline (versione umana: sperma) che scende attraverso il pistillo (pene) ed entra nell’ovario fecondando un ovulo, che poi diventa embrione (avendo già in piccolo le tipiche caratteristiche della piantina che nascerà) che, con le condizioni adatte inizia a svilupparsi fino a diventare pianta. Altro aspetto non secondario è come avviene l’impollinazione
(inseminazione): ci sono anche gli insetti che, attirati dai colori e dai profumi dei fiori (proprio come negli umani), si fanno portatori del polline.
Anno domini 2015, la bambina ha studiato come le piante si riproducono. Questo avviene in una scuola in cui, oltre agli endemici e colpevoli problemi strutturali e organizzativi che fanno riversare per strada fiumane di bimbi dopo una folata di vento un po’ consistente e inusuale, c’è ancora l’ora di religione cattolica apostolica e -soprattutto- la cosiddetta ora alternativa in cui i bambini -letteralmente- non fanno nulla se non -contentissimi- i fatti loro. Cito l’ora di religione non a caso. Non perchè avrei pretese chè non fosse insegnata, ma solo perchè, essendo una materia che non viene insegnata come storia ma rivolgendosi all’intimo di un bambino, non si capisce perchè non ci sia (a parte gli aspetti concordatari tra Stato e Chiesa romana), con pari dignità, l’informazione/educazione sessuale. Le risposte politiche e culturali sono molteplici in materia, ma -soprattutto: papa Francesco “imperante”- ho l’impressione che più d’uno dei nostri legislatori ed educatori sia “piu’ realista del re”. Si provi a chiedere ad un qualunque bambino di quell’età -anche meno- cosa sa della riproduzione umana: un sorrisino, una leggera flessione della testa verso la spalla che si alza… “babbo, sappiamo tutto”, dove quel “sappiamo” fa clan, di quelli che in dispregio delle leggi sono in grado di gestire i loro piu’ profondi istinti. Abbiamo quini dei piccoli-prossimi adulti che sanno ufficialmente tutto della riproduzione delle piante, ufficialmente niente sulla riproduzione e sulla sessualità umana, ma che -grossomodo come avveniva anche quando io avevo la loro eta’- si “salvano” con la cultura del tam-tam. La cultura dominante durante la mia generazione era quella che ha partorito l’8 marzo una volta ogni anno; la mia cultura -fortemente minoritaria, soprattutto nella sostanza, con anche apparenze che fanno intendere il contrario- è quella di un 8 marzo per 365 giorni ogni anno. Perche’ -a.d.2015- se si chiede a chiunque di qualunque credo sulla necessita’ di una informazione/educazione sessuale a scuola, si ottiene consenso, ma non tra gli addetti ai lavori? Ho letto che vogliono fare la riforma della scuola, puo’ essere occasione? Oppure ho letto di questa riforma così come mi è capitato puntualmente di leggere da quando avevo sei anni a oggi?
Vincenzo Donvito, presidente Aduc