“Il fatto che l’Italia resti in deflazione è normale, visto che il quantitative easing è appena partito ed i consumi delle famiglie continuano a scendere. Quello che, invece, è meno spiegabile e ci preoccupa, è che i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona aumentano dello 0,6% su base mensile e dello 0,7% su base annua. Si tratta, infatti, di aumenti che colpiscono spese obbligate anche per le famiglie che già non arrivano a fine mese” ha dichiarato Massimiliano Dona, Segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori, commentando i dati resi noti dall’Istat, secondo i quali a febbraio la deflazione si riduce a -0,1% (era -0,6% a gennaio).
Per l’UNC è preoccupante l’improvvisa impennata del carrello della spesa, che passa dal tasso tendenziale nullo di gennaio a un + 0,7. In termini di aumento del costo della vita un’inflazione dello 0,7% per la spesa di tutti i giorni, significa che una famiglia di 3 persone spende 46 euro in più su base annua.
“Una cifra certo accettabile per chi ce la fa ad arriva a fine mese, ma drammaticamente insostenibile per il 14,2% delle famiglie che già non riesce a fare un pasto adeguato almeno ogni due giorni” ha concluso l’avv. Dona. Analizzando i dati dell’inflazione per città, la palma del risparmio spetta a Bologna, dove l’abbassamento dei prezzi dello 0,6% consente ad una famiglia di 3 persone di risparmiare 229 euro su base annua, in termini di riduzione del costo della vita. Al secondo posto Catanzaro, con 182 euro, seguita da Ancona, dove una famiglia di 3 persone può risparmiare 158 euro.
Roma, Potenza e Bolzano sono le uniche città capoluogo a registrare ancora un aumento dei prezzi. Bolzano si conferma la città più cara d’Italia, con un aggravio di spesa di 276 euro su base annua per una famiglia da 3 componenti. A Potenza si spendono 82 euro in più, mentre una famiglia di romana di 3 persone spende, su base annua, 32 euro in più per l’aumento del costo della vita.