Il vecchio è il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, che probabilmente non è mai stato bambino e, nel suo essere “grande”, si è formato alla scuola del bambino perfetto, quello che in Italia è noto come “libro e moschetto” (anche se per Poletti il moschetto sarebbe il lavoro) e che universalmente lo si vede nei bimbi che portano mattoni e acqua per le costruzioni delle case o nei bimbi che imbracciano un mitra e, col babbo (mai la mamma…) che li guarda intensamente, e davanti ad una telecamera ripetono a menadito, senza capirne il significato, slogan dei grandi per la cacciata dei cattivi e il loro contributo per l’arrivo del bene, foss’anche dovessero usare quel mitragliatore. Estremizziamo? Non più di tanto: a ognuno i propri bambini, trattati dai soliti vecchi per i loro soliti scopi, spacciati ovviamente per il bene dei piccoli e della societa’ tutta. Ma qualcuno ha chiesto ai bambini cosa vogliono? Ovviamente no, perche’ sono minorenni e non contano un cazzo, l’importante e’ che contribuiscano al Pil coi loro consumi, sempre sulle vette tra i prodotti più lucrosi e -spesso- più inutili.
Tutto torna. Se il babbo (ripeto: mai la mamma…) fa il guerriero da qualche parte, il figlio viene istruito con le armi anche quando non studia (ammesso che studi); se fa il ministro del Lavoro (e quindi, forse Poletti si considera il babbo di tutti i bambini d’Italia), il figlio, quando non studia, deve fare lo stage sul lavoro. Tutto torna. Che mondo grigio. Abbasso i vecchi e viva i bambini e i giovani. Invece di impegnarsi per un futuro meno dannoso rispetto ai disastri delle nostre generazioni e di quelle precedenti, il nostro neo “ministro della Pubblica Istruzione del Regno d’Italia”, emula le sue nostalgie per i balilla, avanguardisti e giovani fascisti. Certo, il nostro ministro spera, con la segregazione dei bambini, di avere più posti di lavoro per i loro educatori (pagati come?), ma è il tempo di un paio di stagioni, perchè domani questi bambini torturati saranno grandi e anche elettori, e si ricorderanno bene di questi campi di lavoro. E punto e a capo. Come spesso accade, le riforme hanno il fiato corto, durano meno di una generazione, giustificano e glorificano il suo proponente e gli stupidi che fanno finta di non capire e si adeguano. Caro ministro, la invito a venire a giocare coi nostri bambini. Non so se lei e’ padre e/o nonno, ma proprio non vorrei essere suo figlio o suo nipote. Caro ministro, i vecchi non hanno futuro.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc