Orari negozi e feste. Perchè liberi fa bene a tutti

L’occasione della Pasqua e, a seguire come di consueto, le feste del 25 aprile e del Primo Maggio, hanno stimolato una altrettanta e usuale consuetudine: bisogna imporre ai negozi di chiudere quando lo decide l’autorità amministrativa o lasciarli liberi di fare come credono? La legge stabilisce che ognuno fa come crede, ma ci sono quelli -come le Coop- che hanno opinioni diverse e giocano in tutti i modi per farle valere.
I sindacati Cgil-Cisl-Uil, ribadendo l’invito a scioperare per i dipendenti dei negozi che decidono di non chiudere per le feste ufficiali, sostengono che “le liberalizzazioni degli orari e delle aperture domenicali e festive attuate dal decreto Salva Italia non hanno portato alcun aumento dell’occupazione o dei consumi, ma hanno peggiorato le condizioni di lavoro, aumentato la precarietà e l’assenza di ogni regola minima di concertazione sulla programmazione delle aperture e degli orari di lavoro”. Ai sindacati, spesso si affiancano alcuni esponenti della confessione cattolica romana, perchè, secondo loro, i fedeli, potendo scegliere tra chiesa e supermercato, in genere optano per quest’ultimo. E quindi: cosa di meglio che non indurli in tentazione?
Posizioni ed iniziative, entrambe, intrise di bugie, razzismo e ipocrisie.
Bugie. Gli esercizi commerciali che chiudono per la crisi, non sono una nostra invenzione. Le strade che secondo noi e non solo, per non continuare a farsi male sarebbero tre: meno fiscalità, semplificazione burocratica, liberalizzazione orari. Inoltre, i dati della grande distribuzione, dove si concentrano la maggior parte delle vendite, sono in aumento molto più consistente rispetto alla media e piccola: indicatore di un commercio che è cambiato, in cui gli addetti del settore non possono far riferimento alle vecchie rendite di posizione per essere attivi, ma devono reinventarsi nuove forme, specializzazioni e qualità.
Razzismo. A parte le feste “laiche”, come la mettiamo con coloro che non seguono i propri riti religiosi di domenica, ma, per esempio, di venerdì e sabato, e così per la Pasqua cristiana? La religione cattolica romana non ci sembra che sia ancora religione di Stato. Ipocrisie. Come la mettiamo con coloro che lavorano sempre: autisti, ferrovieri, poliziotti, ristoratori, camerieri, vigili, personaggi e personale dello spettacolo, alberghi, bar, servizi di emergenza, ospedali, cliniche, aeroporti e aerei, e i professionisti che lavorano nei propri studi. Cioè, milioni e milioni di persone. Non esistono? E poi -chiosa finale per le coop- sarà anche perchè sono un po’ nell’occhio del ciclone per correttezza e trasparenza del loro operare economico, mentre -per restare solo nell’ambito alimentare- il loro gigante avversario in materia di orari (Esselunga di Caprotti) sta macinando utili e business come non mai?

Vincenzo Donvito, presidente Aduc